La moschea di Milano torna nell’agenda delle istituzioni e sotto i riflettori dell’opinione pubblica cittadina. Con una nuova «rivolta» di quartiere. Sul luogo che dovrebbe ospitare per i prossimi anni le preghiere della comunità musulmana c’è già un accordo: quello fra il centro islamico di viale Jenner e il proprietario del Palasharp, Divier Togni, che fin da luglio si è proposto come interlocutore per la soluzione del «rebus». L’area individuata è adiacente al palazzetto di Lampugnano, gestito dalla società di Togni. Le ipotesi su cui si lavora sono due: il piazzale retrostante la tensostruttura, in via Salerio, e uno spazio fra via Ziegler e via Natta. Ieri il prefetto di Milano, Gian Valerio Lombardi, ha incontrato a Palazzo Diotti l’assessore comunale all’Urbanistica, Carlo Masseroli, il presidente del centro di viale Jenner, Abdel Hamid Shaari, e lo stesso Togni. Lombardi ha acquisito elementi tecnici, e nel corso di un nuovo vertice, che è imminente, dovrebbe formalizzare la decisione. A Togni il compito di costruire sull’area comunale la struttura di 2.500 mq capace di accogliere 1.500 persone, simile a quella del teatro Ciak di via Procaccini. Il centro di Shaari poi dovrebbe affittarla o acquistarla. Ma i residenti di Lampugnano ieri si sono riuniti nella scuola di via Lovere in un’assemblea infuocata cui ha partecipato il consigliere comunale dei Verdi Enrico Fedreghini: «Vogliamo capire e discutere con i cittadini - ha detto - noi non siamo come gli “impresari della paura” che creano allarmi da cui sperano di trarre profitto elettorale». All’incontro ha partecipato anche il forzista Aldo Brandirali: «Sono per tante piccole moschee di quartiere» ha ribadito.
Insieme a loro, circa 200 cittadini determinati a non volere «una nuova viale Jenner nel quartiere». La prima mossa: una raccolta firme. La seconda lunedì: «Durante il consiglio di zona 8 faremo valere le nostre posizioni».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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