Nuova sfida di Moussavi ai mullah: «Pregherò sulle tombe dei martiri»

Si gioca sulle tombe dei martiri delle proteste di Teheran l’ultimo braccio di ferro tra l’opposizione e il regime iraniano. A sfidare ancora una volta la cupola dei mullah sono le due figure simbolo del movimento che contesta le elezioni del 12 giugno: Mir Hossein Moussavi e Mehdi Karroubi. I due ex candidati alle presidenziali hanno annunciato che, nonostante il divieto delle autorità, oggi si recheranno sulle tombe delle vittime della manifestazione del 20 giugno. La stessa in cui ha perso la vita la giovane Neda Agha Soltan.
Impediti a manifestare in piazza senza che si verifichi un bagno di sangue, i due leader decidono lo scorso 26 luglio di lanciare l’ennesimo, simbolico guanto di sfida. Inviano al ministro dell’Interno, Sadeq Mahsouli, una lettera in cui si chiede l’autorizzazione a commemorare i primi morti della repressione a 40 giorni dalla loro scomparsa. La richiesta era un incontro in piazza Grand Mosalla. Niente discorsi. Solo la lettura di versetti del Corano con l’omaggio silenzioso della folla per i morti. Ma, seppur silenzioso, il fiume di gente che di sicuro avrebbe riempito la piazza, ha fatto paura al regime islamico, impegnato da una parte a sedare il popolo e dall’altro a sanare le sue profonde fratture interne. Quelle in seno al clero sciita e nello stesso campo conservatore.
Ieri è tornata a parlare una delle voci principali del dissenso, il Grande ayatollah Hossein Ali Montazeri, ex delfino dell’imam Khomeini poi caduto in disgrazia: «Chi è in prigione è costretto a confessare sotto tortura e ogni giorno un corpo è riconsegnato alla sua famiglia». La stampa ha riferito negli ultimi giorni della morte di quattro manifestanti in carcere. Allo stesso tempo, la Società islamica degli ingegneri, potente gruppo politico conservatore, ha lanciato un duro monito a Ahmadinejad, accusandolo di «agire contro la volontà del popolo e della Guida suprema» per la sua riluttanza a ubbidire all’ordine di Khamenei di destituire un suo controverso vicepresidente.
Il nervosismo del regime è ormai dichiarato: da una parte ordina il rilascio di centinaia di manifestanti dell’Onda Verde e la chiusura della prigione di Kahrizak; dall’altra continua le impiccagioni di criminali semplici per intimidire la popolazione e annuncia il processo per attacco alla sicurezza nazionale a 20 degli arrestati nelle proteste.
Intanto le violenze ordinate dai palazzi del potere di Teheran valicano i confini. Il Consiglio nazionale della resistenza iraniana (Cnri) ha denunciato ieri «l’aggressione contro il campo di Ashraf» da parte delle forze di sicurezza irachene che a loro dire agiscono su ordine del regime iraniano. Il Bilancio non ufficiale di due giorni di scontri è di sette morti e centinaia di feriti. Concesso in virtù di un accordo con Saddam Hussein fatto ai tempi della guerra Irak-Iran, il campo di Ashraf costituisce un «presidio dei rifugiati iraniani».

È stato sede anche di un campo di addestramento dell’opposizione iraniana, ma dopo l’arrivo degli americani in Irak tutte le armi sono state requisite e con esse ogni operazione di matrice militare è stata abbandonata. Il presidente del Cnri, Maryam Rajavi, ieri a Roma, ha esortato Barack Obama ad agire «secondo gli obblighi degli Usa nei confronti della protezione dei residenti di Ashraf».

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Pubblica un commento
Non sono consentiti commenti che contengano termini violenti, discriminatori o che contravvengano alle elementari regole di netiquette. Qui le norme di comportamento per esteso.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica