Dal vecchio al nuovo. Un legame col passato - secondo gli inquirenti - non solo ideologico, considerato il disegno di formare un «esercito rosso» (come recita il manifesto costitutivo del gruppo, datato 2001), ma anche «militare», per quell’arsenale rinvenuto nelle campagne padovane nel quale gli investigatori individuano due armi (una pistola Sig Sauer e una carabina Winchester) ereditate dalla colonna milanese «Walter Alasia». Il vecchio e il nuovo che torna ancora nelle 27 pagine di richiesta di rinvio a giudizio redatte dalla Procura, in cui spiccano i nomi di Alfredo Davanzo, ritenuto uno dei capofila di «seconda posizione», condannato nell’82 e per anni latitante, di Claudio Latino, Davide Bortolato e Vincenzo Sisi, considerati dal pm «i promotori, costitutori, capi e organizzatori» dell’associazione eversiva, e di Bruno Ghirardi (già condannato a 22 anni come terrorista dei «Colp» e scarcerato nel 2001), oltre a quelli dei «giovani» Amarilli Caprio, Massimiliano Gaeta, Alfredo Mazzamauro, Valentino Rossin, Davide Rotondi, Federico Salotto, Andrea Scantamburlo, Salvatore Scivoli, Giampietro Simonetto, Andrea Tonello, e i fratelli Alessandro e Massimiliano Toschi. A vario titolo, accusati di terrorismo, banda armata, associazione eversiva, porto illegale d’armi e altri reati.
Gli imputati, secondo il pm Boccassini, avevano «da un lato organizzato e partecipato a una banda armata, e dall’altro costituito, diretto, finanziato e partecipato al Partito Comunista Politico-militare», il cui fine erano «atti di violenza, anche con l’uso delle armi, contro l’ordine pubblico, la vita e l’incolumità delle persone e obiettivi “politici”, con finalità terroristiche e di eversione dell’ordine democratico». Tra i bersagli individuati dagli inquirenti, la sede milanese di Forza Italia (contro cui vennero sparati alcuni colpi di arma da fuoco il 12 marzo del 2003), e quella padovana di Forza Nuova (oggetto di una «incursione» il 17 novembre del 2006). Nel mirino delle nuove Br, inoltre, c’erano il professor Piero Ichino, docente di Diritto del lavoro all’università Statale di Milano, Vito Schirone, ex presidente della Breda, e Luigi Roth, presidente dell’Ente Fiera di Milano.
Per i legali dei 17 imputati, la
richiesta di rinvio a giudizio è «un atto dovuto, un’occasione per verificare l’infondatezza delle accuse». «I reati associativi - commenta l’avvocato Giuseppe Pelazza - non hanno alcun riscontro sul piano probatorio». Le difese, inoltre, lamentano la lentezza del deposito degli atti (la chiusura delle indagini è di fine luglio ma la documentazione completa sarebbe stata messa a disposizione solo pochi giorni fa), e criticano il continuo spostamento da un penitenziario all’altro degli arrestati.Perché se a sei di loro sono stati concessi i domiciliari, tra chi è rimasto in carcere c’è chi si è visto trasferire ancora ieri. Come Alfredo Davanzo e Davide Bortolato, spostati da Monza e Caserta a Catanzaro.
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