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Intelligenza artificiale, bolla o non bolla? La Bank of England lancia l’allarme

In ballo, in ogni caso, ci sono centinaia di miliardi: investimenti mostruosi, start-up che non si sa come finiranno, e perfino tra i big dipendenze non si sa quanto virtuose

Intelligenza artificiale, bolla o non bolla? La Bank of England lancia l’allarme
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Bolla o non bolla? C’è chi dice sì, c’è chi dice no (non come Vasco), e c’è Sam Altman che ha appena lanciato il famoso “codice rosso”: l’AI oggi corre troppo, soprattutto Gemini (di Google) che sta macinando aggiornamenti e lasciando tutti indietro, mentre OpenAI pare arrancare. Quando uno dei grandi alza la voce così, il mercato trema (sebbene Sam ogni tanto le spara grosse quanto il sue ex amico Elon, non so se vi ricordate a agosto scorso, quando stava per lanciare ChatGPT 5 annunciandola come una “bomba atomica” e quando stata rilasciata c’era molto fumo e poco arrosto).

In ballo, in ogni caso, ci sono centinaia di miliardi, mica pizza e fichi e deep fake: investimenti mostruosi, start-up che non si sa come finiranno, e perfino tra i big dipendenze non si sa quanto virtuose. Per esempio OpenAI e NVIDIA sono intrappolati in un intreccio strettissimo: NVIDIA non solo vende chip per alimentare i data-center dell’IA, ma ha promesso un investimento fino a 100 miliardi di dollari in OpenAI per costruire decine di gigawatt di potenza computazionale. In pratica, OpenAI compra GPU da NVIDIA, la quale nel frattempo investe in OpenAI, creando un circuito chiuso in cui investimenti, infrastrutture e aspettative si alimentano a vicenda, e non solo le uniche (Google stesso non usa le GPU di NVIDIA ma le sue TPU, le quali sono a loro volta affittate a altri colossi tecnologici).

È in questo clima non proprio serenissimo che la Bank of England che le valutazioni delle aziende AI stanno salendo come ai tempi della bolla delle dot-com (fu un massacro, e di fatto erano solo aziende in anticipo sui tempi, da lì in poi nacque la new economy e internet come lo conosciamo oggi, si vorrebbe però evitare il massacro), le borse americane sono ai massimi di allora, e nel Regno Unito non si vedevano numeri simili dalla crisi del 2008. Gli investimenti colossali di oggi non si giustificano con profitti reali ma con promesse (aziende che fattureranno in futuro, per ora bisogna crederci, sebbene ci si stia credendo con troppa fretta appunto).

Qualcuno ricorda giustamente che oggi molte aziende AI hanno flussi di cassa positivi, lo ricorda la stessa BoE. Solo che quando tutto il sistema fatto di società tecnologiche e chipmaker e investitori si alimenta a vicenda in una spirale di espansione e visibilità, basta un inciampo:,un ritardo, un inghippo tecnico o produttivo, una crisi geopolitica, un modello meno brillante, la delusione di aspettative sulla scalabilità, problemi di sicurezza come è già successo con Atlas di OpenAI (usando il browser in modalità agente sono riusciti a “esfiltrare” dati personali degli utenti) per arrivare al disastro, all’effetto domino, perché nel collegamento tra tutte le grosse aziende quotate in borsa se ne casca una cascano tutte trascinando nel baratro l’economia globale.

Che fare? Boh, non sono un economista e non mi intendo di bolle e di mercati (altrimenti avrei comprato azioni Apple al primo lancio di iPhone), però ogni società di AI invidia l’altra, e Sigmund Freud ci avrebbe scritto un saggio, non sull’invidia del pene, sull’NVIDIA delle GPU.

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