OpenAI resta no-profit. Ma intanto ti scannerizza l'occhio

Sam Altman ha fatto marcia indietro e la divisione a scopo di lucro verrà convertita in una "società di pubblica utilità". Ma lancia "World ID"

Sam Altman
Sam Altman
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Sam Altman ha fatto marcia indietro (finalmente, nel senso che non se ne poteva più di quel tira e molla): dopo mesi di piani, dichiarazioni, scontri con Elon Musk, e qualche grattacapo legale, OpenAI ha annunciato che resterà sotto il controllo della sua struttura no-profit, per cui la divisione a scopo di lucro verrà convertita in una “società di pubblica utilità”. Che suona come un ossimoro ma fa curriculum. “Abbiamo deciso così dopo aver parlato con rappresentanti civici e procuratori generali”, ha detto Altman. Tradotto: ci abbiamo pensato, e ci conviene sembrare buoni ancora un po’.

Ma mentre OpenAI tiene i piedi nel sociale, Altman tiene gli occhi… ovunque. Letteralmente. Il suo progetto parallelo, Worldcoin, parte da una domanda che sembra uscita da una puntata di Black Mirror: come facciamo a sapere, tra vent’anni, se stiamo parlando con un umano o con un’intelligenza artificiale? La risposta: ti scansioniamo l’iride (tra l’altro, ricordiamoci, l’AI riesce a distinguere se un iride è maschile o femminile, solo che chi l’ha addestrata non riesce ancora a capire come fa).

Sentite qui: Worldcoin ha creato delle sfere metalliche grandi quanto un pallone da basket che ti guardano negli occhi e generano un codice unico, il “World ID”. È il tuo passaporto digitale, prova biometrica che sei una persona vera e non un chatbot con accesso a troppe GIF. Nessuno può replicarlo, a meno di clonarti l’occhio (e quello, per ora, non è a buon mercato).

L’idea è: oggi sembriamo avanti, tuttavia domani non riconosceremo più chi è umano (e questo domani non è così lontano). Meglio prepararsi. Alex Blania, cofondatore del progetto, ha detto che “ci saranno entità online molto intelligenti e difficili da distinguere dalle persone”. Non specifica se si riferisce agli utenti di Twitter o ai modelli linguistici di nuova generazione, in ogni caso il concetto è chiaro.

Certo, può sembrare esagerato parlare di questi rischi oggi, ma è anche vero che dieci anni fa nessuno pensava che un bot potesse rispondere a una mail meglio di noi, ora lo fa. Magari con qualche allucinazione qua e là, però ci siamo quasi: meglio iniziare a salvare le prove che siamo vivi.

Così Altman da una parte predica la responsabilità, dall’altra scansiona occhi per il bene dell’umanità digitale. Non è un villain, non è un salvatore, è uno che si sta attrezzando, come tutti, per una realtà che cambia troppo in fretta perfino per chi è al vertice del cambiamento.

Non tiriamo fuori Orwell e visioni distopiche apocalittiche: piuttosto, nel futuro, se vuoi restare umano, ti

conviene avere almeno un documento che lo dimostri. Meglio se tecno-biologico e crittografato. Non che sia una cosa così sconvolgente: già i nostri iPhone sono protetti dal FaceID, a essere scannerizzati siamo abituati da tempo.

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