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Il nuovo allarme: l’Aids colpisce anche gli anziani

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Pamela Dell’Orto

da Milano

Un tempo erano i tossicodipendenti. Poi gli omosessuali e gli adolescenti. Erano loro le categorie più a rischio e meno informate sulle «regole di comportamento» per evitare il contagio dell’Hiv. Erano gli anni Ottanta-Novanta. Nel 2000 il fenomeno inizia a colpire in massa le donne: casalinghe, mamme, donne in carriera serie e fedeli, contagiate dai mariti di ritorno da «missioni» di turismo sessuale. Un fenomeno diffuso soprattutto a Milano dove l’assessorato alle Politiche sociali lo scorso anno ha portato avanti una campagna tostissima: tanto che nel 2005 si è registrato un solo caso di contagio. Quest’anno la campagna, che parte il primo dicembre, si rivolge a tutte le categorie, perché come recita il manifesto milanese: «L’Aids non guarda in faccia nessuno».
Oggi infatti le «nuove» vittime dell’Aids sono gli anziani. Sì, proprio loro, che ultimamente hanno riscoperto il piacere di vivere e - complice la «pillola blu» - anche il sesso. Dati alla mano (Reparto di epidemiologia di Roma), si scopre che nel ’90 gli uomini over sessanta colpiti da Aids erano l’1,4 per cento del totale. Nel 2004 la percentuale è salita in modo allarmante al 7,3: più che quintuplicata. Mentre le donne sono passate dall’1,7 a 3,1: quasi raddoppiate. «Ho iniziato a preoccuparmi quando nelle case di riposo gli anziani mi chiedevano se potevo avere sconti sul Viagra - racconta l’assessore alle Politiche sociali del Comune di Milano Tiziana Maiolo -. Oltre alle campagne nelle scuole, dovremo attivarci anche per la terza età». Conferma il professor Mauro Moroni, presidente della clinica Malattie infettive dell’ospedale Sacco di Milano: «Due settimane fa abbiamo registrato un caso di una signora di 77 anni colpita da Aids e in Italia la vittima più anziana è una signora di 83 anni». L’età media del contagio (che è aumentata) è di 41 anni per gli uomini e 38 per le donne. Il 74% dei malati va dai 29 ai 44 anni. Più di 54mila le vittime in Italia dall’82 (7 su 10 sono uomini), 1.220 solo nel 2004.
Trend positivo per gli omosessuali (o bisessuali) che nel ’94 erano 3.394 e oggi sono 377. Ma ancora di più per i tossicodipendenti: 14.386 casi di contagio nel ’94, e «solo» 627 quest’anno. Scendono anche i casi di contagio per contatti eterosessuali (da 2.547 a 734) e per trasfusioni (da 245 a 4). E i casi di trasmissione da madre a figlio sono ridotti quasi a zero.
Tutto da rivedere invece quando si parla di Lombardia, la regione che in Italia conta il maggior numero di nuovi casi di contagio all’anno: 6.944 nel ’94, 171 solo nella prima parte di quest’anno (453 l’anno scorso); ma se si considerano tutte le persone malate di Aids, allora il numero sale a quasi 6mila nel 2004. Seguono il Lazio (undici nel primo semestre 2005, 202 nel 2004), l’Emilia Romagna (47 e 157) e il Piemonte (22 e 91). Nessun caso di Aids invece in Molise e Val D’Aosta.
«Purtroppo la “capitale” del virus in Italia è Milano - spiega ancora Moroni -, dove si conta la metà dei casi lombardi: nel 2004 ha visto 104 nuovi contagi». Perché? «Questo è un fenomeno tipico di una grande città, dove c’è benessere, si viaggia, ci sono scambi, anche negativi: dal turismo sessuale alla prostituzione praticata senza l’uso di preservativi». In questo quadro che di confortante ha poco, una notizia positiva c’è: chi si cura fin da subito non rischia più. «I farmaci ci sono e sono efficaci. L’importante è usarli. Ma soprattutto è importante fare il test. Nel 1980 chi si ammalava di Aids moriva. Oggi, a 25 anni di distanza, muore solo il 10 per cento dei malati». Certo, una persona su due scopre di avere il virus nel momento in cui inizia a star male, «e questo vuol dire che non ha mai fatto un test». Se lo avesse fatto e avesse cominciato a curarsi subito, oggi starebbe bene.

Perché l’Aids è diventata una malattia «cronica».

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