Il nuovo Boeing è per un quarto made in Italy

Grande festa ieri a Seattle per il «roll-out» del 787 Dreamliner. Realizzate da Alenia, nei nuovi impianti di Grottaglie, alcune parti del colosso dei cieli. Guarguaglini, numero uno di Finmeccanica: «È una commessa da 650 milioni l’anno. Il settore aeronautico sarà tra quelli che crescerà di più»

Il nuovo Boeing è per un quarto made in Italy

Seattle - «Per noi - dice in questa intervista Pierfrancesco Guarguaglini, presidente e amministratore delegato di Finmeccanica - il nuovo Boeing 787 vale oggi 7 aerei con l’idea di arrivare fino a 10 aerei al mese e rappresenta dunque un fatturato da 650 milioni l’anno. Abbiamo già investito 500 milioni di euro e altrettanto è in programma».

Tutto lo stato maggiore del gruppo italiano si trova a Seattle, a casa della Boeing. E poche ora prima del «roll-out» e cioè della sfilata del nuovo 787 Dreamliner è tutto pronto per la festa. Nei nuovi stabilimenti di Grottaglie (Taranto), realizzati da Alenia, proprio per costruire circa un quarto della parte strutturale del nuovo Boeing, ci sarà un collegamento in diretta con Seattle, per festeggiare le forme e le strutture del nuovo aereo, che ancora prima di aver volato ha visto prenotati più di mille pezzi.

Il futuro di Finmeccanica sarà sempre più dipendente dall'aeronautica?
«In prospettiva è uno dei settori che crescerà di più del gruppo. Oggi rappresenta poco più di un quinto del fatturato. Ma in termini relativi tutta Finmeccanica aumenterà di dimensioni. Abbiamo stimato in 3,5 miliardi di euro le risorse disponibili per eventuali acquisizioni, tra nuovo indebitamento, risorse proprie e delega per un eventuale aumento di capitale. E poi ci sarà anche una componente di crescita organica».

I nuovi impegni e investimenti per il Dreamliner vi bruceranno parte di queste risorse?
«No».

Con l’assemblea di maggio 2008 scade il suo mandato, pensa di gestire lei la crescita ulteriore del gruppo?
«Questo tema non è all’ordine del giorno e dipende, comunque, dall’azionista di riferimento. È certo che se faremo acquisizioni, o il sottoscritto o altri le gestiranno».

Ritorniamo al 787. In giro per il mondo le compagnie aeree falliscono eppure voi puntate molto sul settore aeronautico, sembra un controsenso...
«Il mercato, nonostante le difficoltà in Europa e in America, è in crescita. Le compagnie si sono fatte un concorrenza sui prezzi talvolta esagerata. Falliscono perché hanno fatto male i conti».

E la mancanza di una compagnia italiana in buona salute vi danneggia in questo settore. Alitalia non è in grado di ordinare neanche un motorino, figuriamoci il nuovissimo 787?
«Nel passato l’Alitalia ha avuto un ruolo importante: alcune commesse venivano legate agli ordini della nostra compagnia. Ma il caso del 787 dimostra che ciò non è più vero: Alitalia non ha fatto neanche un ordine eppure noi realizziamo il 26% della struttura del nuovo Boeing».

A proposito quanto costa?
«Di listino e compresi i motori che valgono intorno a 30 milioni di dollari, si sfiorano i 200 per apparecchio».

Vi legate molto agli americani di Boeing. Nel frattempo Eads che controlla Airbus sembra in difficoltà. Ritornano periodicamente le suggestioni di un vostro possibile ingresso nel consorzio. Cosa c’è di vero?
«Andiamo per ordine. Rispetto al passato la nostra dimensione è cresciuta, mentre quella di Eads è diminuita. In funzione di ciò, però, non si può pensare a un nostro ingresso nell’azionariato in modo semplicistico. Non possiamo diventare azionisti al 5% di un nostro concorrente. Competiamo sugli elicotteri, sui cargo, sull’elettronica di difesa, è difficile mettersi insieme. A meno che non si discuta in modo molto più complessivo tutta l’architettura dei due gruppi, nell’ambito anche di un nuovo scenario europeo della difesa».

In termini di fatturato l’elettronica della difesa è quasi il 30 per cento del vostro fatturato, più di elicotteri e aerei. Eppure sembra il comparto strategicamente più fragile...
«Occorre rafforzarlo, sia organicamente sia cercando acquisizioni che potranno essere in Europa o negli stati Uniti».

Si è parlato dei francesi di Thales...
«Siamo disponibili a vedere cosa fare insieme, ma non possiamo per questo stare fermi»,

Con una pattuglia di manager italiani ha visto un mese fa il presidente francese Sarkozy. Come cambierà la struttura del sistema industriale della Difesa in Francia?
Qualche segnale su Eads si potrà avere verso la fine di questo mese.

Ma ciò che conterà davvero è come si deciderà di strutturare il complesso delle diverse industrie della difesa: da Thales a Dassault. Sarkozy mi è sembrato molto deciso e credo che per settembre avremo un’idea più chiara».

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