Barack Obama è partito ieri notte per l'Europa. Durante il viaggio più lungo della sua presidenza nel Vecchio Continente, dove resterà una settimana, il leader americano visiterà l'Irlanda, la Gran Bretagna, la Francia, la Polonia e incontrerà oltre 40 capi di Stato e di governo al summit del G20.
Nel 2009, durante l'ultima visita europea di Obama, la crisi finanziaria era il tema al centro delle discussioni dei leader. Oggi, nei suoi incontri, il presidente americano e i suoi ospiti parleranno soprattutto di sicurezza, dei cambiamenti epocali in atto in Nord Africa e Medio Oriente, di nucleare e della tragedia giapponese di Fukushima e ancora di finanza globale, delle difficoltà di Paesi come la Grecia e il Portogallo.
Prima di tuffarsi in incontri bilaterali sugli equilibri dei mercati e i destini del mondo, però, Obama farà una tappa rilassante. In Irlanda visiterà il villaggio di Moneygall. Da questa piccola cittadina di 300 abitanti a 137 chilometri da Dublino partì nel 1850 per l'America il suo trisavolo, un certo Falmouth Kearney. Con questa breve visita irlandese, una birra Guinness alla mano, Obama sembra aprire in anticipo la campagna elettorale, con uno sguardo al voto irlandese negli Stati Uniti. A Moneygall non importano le urne: in città è già Obama-mania, con vendite di magliette, tazze e spille.
La vecchia Europa ha sempre avuto l'impressione di non essere nel cuore dell'Amministrazione Obama, che da parte sua non ha mai nascosto di guardare con maggior interesse alla Cina, all'India e all'Asia in generale. Eppure, con i nuovi sconvolgimenti in Medio Oriente e Nord Africa, con la repressione in atto in Siria, con una campagna militare aperta in Libia, Washington sa che nei prossimi mesi la cooperazione con gli alleati europei sarà fondamentale. I britannici sono i primi a sapere che la relazione tra Londra e Washington non è più quella speciale dei tempi di George Bush e Tony Blair. «La regina rappresenta il meglio dell'Inghilterra», ha detto Obama, che sarà ospite a Buckingham palace. Ma non è con i reali che il presidente parlerà del futuro. A Londra, Obama cercherà di ritrovare «un'alleanza sana» con i conservatori di David Cameron, scrive il Guardian, e proverà a ottenere l'appoggio del primo ministro per sostenere l'America sulla via di negoziati tra israeliani e palestinesi per la creazione di uno Stato palestinese sui confini del 1967. Il progetto, menzionato pochi giorni fa in un discorso, è stato definito dal premier israeliano Benjamin Netanyahu «irrealistico». Ma ancora ieri, davanti alla lobby pro-israeliana Aipac, Obama ha reiterato il suo sostegno a una trattativa basata sui confini del 1967, ma ha tentato di addolcire i toni rispetto al discorso di giovedì: «Si negozierà comunque un confine diverso da quello esistente il 4 giugno 1967».
E Obama porterà il Medio Oriente e la questione dei cambiamenti in atto nella regione anche al summit del G20 che si aprirà il 26 maggio in Francia, a Deauville, e dove saranno invitati anche i nuovi primi ministri di Tunisia ed Egitto, due Paesi in cui le rivolte di inizio anno hanno portato a cambi di regime e in cui è in corso una difficile transizione politica.
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