L'incontro fra Obama e Netanyahu alla Casa Bianca è stato lungo. È durato quattro ore, più di quanto un presidente americano abbia mai dedicato, in un primo incontro, a un leader straniero. Questo dimostra quanta attenzione Obama dia alla questione israeliana. Ma il fatto che nessuna dichiarazione congiunta sia stata pubblicata dopo l'incontro dimostra che le posizioni sono ancora distanti. Una «battaglia fra titani», come aveva intitolato un giornale, però non c'è stata. Obama doveva pensare all'economia più che al Medio Oriente; Netanyahu doveva evitare una rivolta all'interno della sua coalizione se avesse accettato pubblicamente l'idea dei due Stati in Terra Santa. Il presidente americano non voleva scontrarsi con il solo alleato sicuro nel Medio Oriente e Netanyahu non poteva rischiare di alienarsi l'unico potente amico di cui dispone. Ciascuno ha così ottenuto almeno in parte ciò che voleva in questa prima mano di un gioco tutt'altro che finito.
Come prevedeva avant'ieri il Giornale, Netanyahu ha ottenuto un termine per l'inizio delle pressioni serie sull'Iran. Sei mesi, il tempo necessario per vedere come andranno le elezioni in Libano e in Iran, cioè se gli Hezbollah riporteranno la vittoria che tutti prevedono e se Ahmadinejad resterà al potere. Sei mesi sono inoltre necessari alla diplomazia americana per organizzare delle sanzioni economiche contro l'Iran assieme agli europei. È il tempo di cui Israele ha bisogno per mettere a punto con gli americani eventuali piani operativi contro l'Iran, anche se appare evidente che Obama farà tutto per impedirlo. Fra sei mesi la campagna per il rinnovo di un terzo dei seggi al Senato e al Congresso di Washington sarà in corso. Il presidente americano deve occuparsi del Congresso, che controlla i fondi e dove i sostenitori di Israele sono molti.
Obama ha ottenuto per parte sua quello che voleva. Far sapere agli israeliani e agli arabi che lo Stato palestinese ci sarà e che Netanyahu deve iniziare subito negoziati con i palestinesi. Negoziati per cosa? Per la creazione di uno Stato palestinese accanto a Israele, ha detto Obama; per la creazione di unampia autonomia, ha invece detto Netanyahu nella dichiarazione alla stampa. Non ha pronunciato la parola Stato palestinese e ha sottolineato invece che il presidente americano comprende i bisogni di sicurezza e che Israele non intende «dare senza ricevere». È probabile che nessuna colonia ebraica in Cisgiordania sarà smantellata, ma lo saranno molti blocchi stradali che ostacolano la vita economica e sociale dei palestinesi. Anche a causa della crisi economica i fondi per la colonizzazione saranno congelati e questo avrà un effetto concreto su nuove costruzioni nelle zone occupate.
Non è detto che questo soddisfi gli arabi.
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