Fino a sabato Barack Obama era convinto che Putin fosse «un leader con un piede nel passato», ora pensa che sia «luomo del presente e che tenga fermamente gli occhi puntati sul futuro». Lo ha incontrato ieri, per la prima volta. E non gli è affatto piaciuto. Questione di pelle, di carattere e soprattutto di empatia. Con Medvedev cè, con Putin no. Il presidente russo è cosmopolita, mondano, colto. Il premier è freddo, diffidente, educato alla sovietica. Eppure, quando, questa mattina, il presidente americano si imbarcherà sullAir Force One diretto a Roma, la sua visione della politica russa sarà profondamente diversa rispetto a quella che i consiglieri gli avevano illustrato alla vigilia e che avevano indotto alcuni osservatori a speculare su una sua possibile ingerenza nelle lotte di potere allinterno del Cremlino. Cercherà di rafforzare il presidente a scapito del premier, scriveva il Financial Times. Previsione errata. Se anche ne avesse avuto lintenzione, Obama ha subito rinunciato.
Non ha capito se Medvedev sia il presidente a tutti gli effetti e Putin il suo indispensabile consigliere esecutivo o se il primo ministro sia lo zar ombra e il capo dello Stato un comprimario; ma sa che entrambi rispettano la parte assegnata, condividendo le decisioni più importanti. Nel rispetto delle apparenze. Qualcuno lunedì aveva interpretato la latitanza di Putin, che era addirittura fuori Mosca, come un indizio di debolezza; in realtà ha semplicemente seguito il protocollo che riserva al capo dello Stato la ribalta internazionale in occasione delle visite ufficiali.
Ma ieri ha preteso e ottenuto di ricevere il presidente americano nella propria dacia di Novo Ogarevo. Ed è tornato ad essere il Putin di sempre, anche sui temi di politica estera, a cominciare dalla Georgia. «Ho scoperto un leader intelligente, duro, astuto e poco sentimentale, capace di difendere gli interessi della Russia in modo aggressivo, ma disposto a trattare con pragmatismo le relazioni tra i due Paesi», ha dichiarato Obama alla Cbs, che ha aggiunto: «Terrò conto delle sue idee». Come dire: messaggio ricevuto. La coppia al vertice della Russia è anomala, ma solidissima. E difficilmente si separerà.
Non a caso nel pomeriggio è tornato in scena Medvedev, che ha accompagnato lospite americano a un incontro con un gruppo di imprenditori russi in quella che è sembra unaltra simbolica staffetta, il cui significato non è certo sfuggito a Obama, che ricorderà a lungo la visita a Mosca.
Abituato alle folle osannanti, Obama è stato accolto da una Mosca che non si è certo scomposta per la sua visita, anche perché le tv, quasi tutte controllate dal Cremlino, hanno provveduto a tenere basse le aspettative. Anche il discorso agli studenti della New Economic School di Mosca si è svolto in un clima surreale, sebbene la scenografia fosse quella grandiosa di Gostiny Dvor, le storiche ex gallerie commerciali vicino alla piazza Rossa.
Barack ha parlato. E bene. «Che futuro avrà la Russia? Che futuro avranno la Russia e lAmerica insieme? Quale ordine rimpiazzerà la guerra fredda? - ha chiesto con la consueta carica retorica -. È impossibile dirlo con certezza, ma la risposta spetta alla vostra generazione. Tocca a voi decidere». Ha invocato un mondo che non sia più un «gioco di scacchi» tra potenti e dove i governi siano «al servizio del popolo e non del loro potere». Ha reso omaggio all«eterna eredità culturale russa».
Un bellissimo discorso, che però è stato ascoltato nel silenzio assoluto, senza interruzioni. Solo alla fine è partito lapplauso ma tiepido, di cortesia. Un insuccesso? Non proprio: la platea era composta da figli di oligarchi. E il copione, evidentemente, era già scritto.
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