Obama pronto a dare più aiuti a GM e Chrysler

nostro inviato a Monaco

A poco più di dieci giorni dal verdetto della task force sugli aiuti a General Motors e Chrysler, sempre che Steven Rattner, che presiede il gruppo di super tecnici della Casa Bianca, non chieda qualche settimana in più per decidere, sembra prevalere l’ipotesi di dare nuova fiducia ai due colossi dell’auto. L’orientamento dell’amministrazione Obama, dopo le prime analisi compiute dalla task force, sarebbe dunque di dare più aiuti a General Motors e Chrysler, utilizzando «tutte le risorse» a disposizione del governo federale per evitare la bancarotta dei due produttori del Michigan. Le assicurazioni arrivano direttamente da Rattner il quale, all’agenzia Bloomberg, ha parlato di una soluzione per Gm e Chrysler che sia «un giusto compromesso», definendo la bancarotta «né il nostro obiettivo né un esito desiderabile».
Il prossimo 31 marzo Rick Wagoner e Bob Nardelli, al vertice rispettivamente di Gm e Chrysler, presenteranno al team di Rattner i piani definitivi di rilancio, soffermandosi sul modo attraverso cui le aziende che guidano torneranno a guadagnare e, soprattutto, restituiranno i finanziamenti ottenuti. Non è escluso che da qui al 31 marzo anche l’amministratore delegato di Fiat, Sergio Marchionne, torni negli Stati Uniti per mettere a punto con i futuri soci di Chrysler il documento da presentare agli uomini del Tesoro. Nardelli, dal canto suo, in questi giorni ha alternato dichiarazioni ottimistiche a previsioni per nulla positive, nutrendo dubbi - in un’intervista al New York Times - sulla possibilità di salvare il gruppo dal fallimento («stiamo sopravvivendo giorno per giorno»). Chrysler, infatti, ha chiesto in prestito al governo federale americano altri 5 miliardi di dollari, in aggiunta ai 4 già ottenuti. Ma Nardelli ha anche messo l’accento sull’importanza dell'accordo in itinere con Fiat che permetterebbe al gruppo Usa di beneficiare di tecnologie per 8-10 miliardi di dollari. Ai giornalisti della Cnbc il presidente di Chrysler ha anche spiegato di ritenere salvi tra i 40 e i 50mila posti di lavoro, aggiungendo che da febbraio il gruppo ha guadagnato un punto percentuale in termini di quota di mercato. Contrario alla bancarotta è il numero uno di Gm, Wagoner, che al Wall Street Journal ha descritto tale soluzione come «troppo rischiosa», insistendo sulla possibilità di una ristrutturazione che eviti il Chapter 11. La stessa Gm, intanto, non firmerà un accordo con il sindacato dei lavoratori della casa automobilistica, l'associazione Uaw, per aderire a un fondo di assistenza sanitaria gestito dall’organizzazione stessa.
Ford comincia intanto a risentire della crisi del mercato dell’auto in Europa. La filiale del Vecchio continente, che ha sede a Colonia, ha così confermato che «riallineerà i piani di produzione alle esigenze commerciali previste per il futuro». Le misure annunciate riguardano soprattutto gli impianti produttivi di Germania e Spagna, nonché il nuovo sito di Craiova, in Romania.
Oggi, intanto, una delle grandi malate europee, Bmw, farà conoscere il suo stato di salute attuale. Il messaggio che il presidente Norbert Reithofer lancerà da Monaco di Baviera dovrebbe essere rassicurante verso gli investitori: non ci saranno tagli agli investimenti e il gruppo ha liquidità sufficiente per far fronte al credit crunch.

Fari puntati anche sul tema alleanze: fonti vicine alle trattative affermano che «continuano i contatti con Mercedes per un ampio accordo industriale»; con Fiat, invece, «le discussioni vertono, ora, solo su possibili scambi a livello di componenti. È stato abbandonato definitivamente il progetto di condividere piattaforme».

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