Sommersa dalla gran mole di articoli leggeri, ammansiti al pubblico con la testa pesante per la gran sbornia natalizia, è passata quasi inosservata una notiziola che potrebbe avere enormi conseguenze sulle presidenziali 2012. Il rapporto quasi simbiotico tra Barack Obama e gli under 35, artefici del trionfo di tre anni fa, sembra essersi incrinato una volta per tutte. Il presidente rockstar avrebbe perso le sue groupies preferite, che, come amanti tradite, sarebbero pronte a disertare in massa le urne delle prossime elezioni presidenziali.
La notizia pubblicata dal principale giornale della città di Obama, il Chicago Tribune (l’articolo originale lo trovate qui), non ha certo preso alla sprovvista gli analisti d’oltreoceano. La crescente disaffezione della “generazione Obama”, quella che, a sentire i peana alzati dagli strateghi democratici nei primi mesi della presidenza, avrebbe dovuto garantire ai Dems una “maggioranza permanente”, era chiaramente sotto gli occhi di tutti, ma a livello di sensazione, un qualcosa che si poteva estrapolare da mille sondaggi, variamente interpretabili e “piegabili” alle esigenze del momento dagli spin doctors di entrambi gli schieramenti. Stavolta però non si tratta di una rilevazione di un istituto demoscopico, quanto di un serio studio effettuato dallo stimato Center for the Study of the American Electorate della American University, ambiziosa ed estremamente selettiva università di Washington.
Le parole di Curtis Gans, direttore del centro, offrono un quadro a tinte fosche della prossima campagna elettorale: “Queste elezioni probabilmente offriranno ai giovani pochissima speranza e tantissimi attacchi personali, tra quello che percepiscono come un presidente fallimentare ed un partito dalle idee fallimentari, alimentati da un numero mai visto di spot televisivi al vitriolo, volgari e spesso personali. Con queste prospettive, difficile immaginare niente di diverso da un crollo degli elettori sotto i 35 anni”. Secondo lo studioso, la colpa di questa disaffezione è imputabile quasi totalmente a Barack Hussein Obama. Ancora una volta Gans non mena il can per l’aia: “Visto che Obama il presidente non è riuscito a trasformare le speranze riversate a piene mani su Obama il candidato, i giovani che erano stati in prima linea nella sua campagna elettorale sono incredibilmente delusi. La generazione attuale di studenti universitari non è altrettanto motivata rispetto ai loro predecessori del 2008”.
Osservando la cosa da destra, difficile evitare la schadenfreude (termine tedesco che significa "piacere provocato dalla sfortuna dell'altro"). I giovani tutti “hope and change” avevano seguito il pifferaio magico dalla retorica suadente credendo di mandare alla Casa Bianca un nuovo Kennedy. Invece della “nuova Camelot”, hanno avuto un ritorno ai disastrosi anni ’70. Invece del mega-taglio alle tasse di John Fitzgerald Kennedy e conseguente boom economico, hanno visto implementare le solite ricette democratiche, che avevano condannato al fallimento le presidenze di due numi tutelari di Obama, Lyndon Johnson e Jimmy Carter.
La realtà che li aspetta fuori dalla gabbia dorata dell’università è brutale, fatta di competizione feroce per pochissimi posti di lavoro, con una montagna di debiti studenteschi impossibili da ripagare con gli stipendi offerti dal mercato asfittico. La situazione a sinistra viene naturalmente letta in maniera diametralmente opposta: ad Obama si chiede di abbandonare il “centrismo” e procedere ancora più speditamente nella trasformazione degli Stati Uniti in una socialdemocrazia europea o in una specie di riedizione nordamericana del Venezuela chavista, almeno a sentire le frange più vocali degli indignados di ogni latitudine.
Le ricette proposte dai più o meno giovani contestatori, siano essi in piazza o dietro le scrivanie dei giornali, sono tutte all’insegna del più scontato “tax and spend”, vero anatema per i milioni di attivisti del movimento dei Tea Parties. Se davvero stavolta i giovani arrabbiati e delusi dovessero rimanere a casa, le dinamiche delle presidenziali cambierebbero di molto, rendendo di difficile realizzazione qualsiasi piano pensato dal DNC o dalla stessa Bianca. Senza l’extra afflusso dell’elettorato giovanile, a decidere sarebbero i protagonisti perenni di ogni elezione americana, gli anziani, imbufaliti dalla crisi, che vedono assottigliarsi a vista d’occhio i risparmi messi da parte per gli anni del crepuscolo.
Tempo per invertire quel “momentum negativo” che sembra ormai evidente ce n’è in abbondanza. Il presidente ostenta una calma olimpica e si prende l’ennesima lunga vacanza nelle sue Hawaii. La rissa reale in corso nel GOP, con le primarie più incerte degli ultimi 25 anni, gli potrà sicuramente dare una grossa mano, ma la sua posizione sembra sempre più precaria.
Il team di Obama, specialmente in campagna elettorale, è di livello assoluto e la capacità dell’Obama
candidato di trasfigurarsi è quasi leggendaria. Resta da vedere se i fans più fedeli, dopo la probabile defezione delle groupies, si ripresenteranno lo stesso al concerto. Il rischio di un fiasco clamoroso è sempre più reale.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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