Obbligo di documenti per tutti salvo che per i clandestini

Giudice assolve con motivazioni originali gli extracomunitari da espellere: visto che non hanno il permesso, pretendere di controllarlo non ha senso

Una questione di congiunzioni: una legge cambia, e al posto della parola «ovvero» compare una semplice «e». Tanto basta perché da un giudice del tribunale di Milano parta un’altra bordata alla politica di «tolleranza zero» voluta dal governo di centrodestra contro l’immigrazione clandestina. Buona parte delle leggi restrittive varate in questi anni stanno cadendo qua e là per l’Italia sotto la scure di magistrati che decidono di non applicarle per i motivi più disparati. Stavolta tocca alla norma che prevede l’incriminazione dello straniero clandestino che rifiuta di consegnare i documenti alle forze di polizia, quando viene fermato per un controllo. Ma, facendosi largo tra cavilli e congiunzioni, il giudice decide che la norma non esiste più. Lo straniero irregolare può rifiutarsi di consegnare ai poliziotti il proprio passaporto, e non commette alcun reato.
Con questa motivazione il giudice Fabio Roia ha assolto K.M., cittadino extracomunitario arrivato in Italia e finito a lavorare «in nero» nei pressi di Milano. Fermato durante un controllo insieme ad un cittadino italiano, nel settembre 2008, K.M. si era rifiutato di consegnare i documenti all’equipaggio della Volante e per questo era stato denunciato. Ma il giudice Roia ha assolto K.M. «perché il fatto non è più previsto dalla legge come reato». Interessante il percorso logico seguito dal magistrato per arrivare a questa conclusione.
La vecchia legge del 1998 prevedeva la denuncia del clandestino che rifiutasse di mostrare il passaporto «ovvero» un altro documento di identità alle forze dell’ordine. Ma nel 2009 la legge sull’immigrazione è stata modificata, e prevede che «è punito lo straniero che, a richiesta degli ufficiali e agenti di pubblica sicurezza, non ottempera, senza giustificato motivo, all'ordine di documento di identificazione e del permesso di soggiorno». Al posto di «ovvero» è comparsa una semplice «e». Per il giudice Roia vuol dire che per commettere il reato, lo straniero deve rifiutarsi di consegnare sia il documento che il permesso di soggiorno: ma poiché, in quanto clandestino, il permesso di soggiorno non può averlo, allora non può essere punito. «La norma incriminatrice non può interessare anche lo straniero clandestino, perché lo stesso, in quanto irregolarmente presente sul territorio, non può per ciò stesso essere in possesso del permesso di soggiorno e, quindi, non potrebbe mai esibirlo. Si tratta di una prestazione impossibile che evidentemente l'ordinamento non può sanzionare».
Sottigliezze giuridiche a parte, il senso della sentenza è chiaro: un altra picconata al sistema di norme repressive sull’immigrazione irregolare costruito negli ultimi anni, a partire dalla legge Bossi-Fini, e ritenuto in ampie parti inapplicabile dalla magistratura.

Proprio dal tribunale di Milano era partita poche settimane fa una sconfessione della legge, con una sentenza che aveva sancito il diritto del clandestino a restare in Italia, anche se colpito da ordine di espulsione, se non ha i soldi per tornare a casa.

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