Obiettivo risparmio: da 17 a 12 milioni di euro

La kermesse costa moltissimo? Il sindaco di Roma intende prima tagliare le spese e, dall’anno prossimo, procedere a un forte ripensamento

Aleggiava un clima malinconico, un po' «triste, solitario y final» per dirla con Osvaldo Soriano, in Sala Petrassi, ieri mattina. Sarà stata la presenza di Bettini, il fondatore che s'è dimesso per favorire la transizione, ricoperto di complimenti e commozione; o piuttosto la sensazione che, d'ora in poi, niente o quasi sarà come prima. Magari esagera Italia Oggi nel titolare «Festa del cinema, verso l'ultimo ciak», ma certo la kermesse che fu veltroniana fino al midollo rischia grosso. Il compromesso raggiunto sul nome di Gian Luigi Rondi, nominato ufficialmente mercoledì presidente, dopo il pressing bipartisan di Bettini e Alemanno, ha permesso di chiudere la crisi senza rese dei conti; eppure i conti, quelli economici, premono. Perché la Festa costa troppo, un'enormità. Il bilancio dell'edizione 2007 dice 17 milioni e 608mila euro. Di questi, 5 milioni e 800mila provengono da Comune, Provincia, Regione e Camera di commercio, 1 milione e 125mila da altri soggetti istituzionali, 10 milioni e 682mila da soggetti privati (tra i quali Bnl) e biglietti venduti. L'intenzione è di scendere a 15 per il 2008, a 12 per il 2009. Intanto, essendo mutato il quadro politico con la vittoria del centrodestra, ci si chiede se il neopresidente Rondi, uomo colto e gran cinefilo ma poco esperto nel reperire risorse, riuscirà a mantenersi stretti i 170 partner che hanno sostenuto le prime due edizioni. Alcuni degli sponsor temono infatti una Festa in tono minore, all'insegna del risparmio, senza divi.
Non è un segreto che Alemanno poco ami la Festa, vista sin dall'inizio come emblema di una certa politica culturale tendente all'evento per catturare il consenso. C'è stato un attimo in cui si sarebbe volentieri sfilato, poi un'intervista del veneziano Cacciari gli ha fatto mutare idea: «Diceva che avrei fatto bene a liberarmi della Festa, così ho deciso di fare il contrario». Permane tuttavia la diffidenza. Il sindaco chiedeva da subito ritocchi e cambiamenti. Più cinema italiano e mercato, meno glamour, tappeti rossi e star hollywoodiane, un legame stretto coi David di Donatello (chissà perché?). Forse gli Stati generali del cinema, suggeriti ieri, si faranno, nondimeno la macchina organizzativa è già in moto da mesi, con i cinque direttori impegnati a tessere rapporti, vedere film, cercare di strappare anteprime europee (quelle mondiali vanno più facilmente a Venezia).
A occhio, la battaglia vera è rinviata al 2009. Scaduti i contratti triennali dei direttori, sarà più facile - si fa capire - procedere al ripensamento strutturale della manifestazione.

È noto che Alemanno, pur parlando saggiamente di «crescita» e non di «stravolgimento», auspica una direzione più concentrata, non solo per risparmiare sui compensi. Di sicuro Barbareschi, nel cda in quota Comune, sta preparando un «cahier de doléances» da sottoporre ai colleghi. Si prevedono scintille con il regista Daniele Luchetti, appena nominato dalla Provincia.

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