Obiettivo: sviluppo all’estero

Il nuovo amministratore delegato Enrico Tomaso Cucchiani eredita un gruppo concentrato soprattutto sull'Italia. Ora invece dovrà crescere in Europa e sciogliere da subito alcuni nodi

Obiettivo: sviluppo all’estero

La notizia è di qualche tempo fa: Enrico Tomaso Cucchiani, ex numero uno di Allianz, è il consigliere delegato di Intesa Sanpaolo. Ha sostituito al timone operativo del gruppo, e a tempo di record, Corrado Passera chiamato dal premier Mario Monti a diventare ministro dello Sviluppo e delle Infrastrutture. «La sostituzione di Passera», ha voluto rimarcare il presidente del consiglio di sorveglianza, Giovanni Bazoli, «è giunta in una sola settimana, e attesta lo stato di salute della nostra banca anche nel risolvere un problema improvviso e inatteso di questo calibro». E ha aggiunto: «La scelta di Cucchiani è stata accolta unanimemente dai soci».

Ma che cosa sta dietro questa nomina? E che mission è stata affidata al nuovo chief executive officer di Intesa Sanpaolo? La scelta dell'attuale ceo del gruppo milanese è stata una mossa a sorpresa di Bazoli. Notizie mai smentite hanno sostenuto che a Cucchiani il banchiere bresciano sia arrivato attraverso un percorso tortuoso, come dimostrano i vari sondaggi con manager di grande calibro come Vittorio Colao (Vodafone), Andrea Guerra di Luxottica, e il direttore generale del Tesoro, Vittorio Grilli.

Inoltre, questo banchiere, che ha vinto le partite che riguardano le nomine, ha dovuto rischiare una partita (quasi) in solitaria, avendo alle spalle il solo appoggio di Giuseppe Guzzetti, presidente di Fondazione Cariplo. C’era sul tavolo, infatti, anche una soluzione interna, voluta dal fronte compatto delle altre fondazioni azioniste della banca, e lo schema avrebbe visto il direttore generale Marco Morelli - che negli ultimi 18 mesi si è occupato della riorganizzazione della rete della Banca dei Territori, giunta ormai a buon punto - diventare consigliere delegato, affiancato da un super direttore generale, ruolo costruito su misura per Gaetano Miccichè, il manager che in questi ultimi tempi è stato protagonista di performance nel corporate & investment banking, la vera macchina di soldi del gruppo. Bazoli, invece, ha sempre testardamente cercato all’esterno della banca il sostituto di Passera. E l’ha trovato. In soli sette giorni.

resa dei conti Una soluzione che avrà l’effetto di produrre la resa dei conti nella Compagnia di Sanpaolo, presieduta da Angelo Benessia. Se Bazoli ha vinto, infatti, Benessia che ha speso tutta l’influenza della sua fondazione su Morelli ha perso. La nomina di Cucchiani vista a Torino ha il sapore di una reimpostazione dei rapporti con la compagnia. E Benessia, forse, si è giocato l’ultima carta per essere rieletto al vertice della fondazione di corso Vittorio Emanuele.

È il suo secondo rovescio in due anni: 18 mesi fa aveva provato a spingere l’ex ministro Domenico Siniscalco alla presidenza del consiglio di gestione di Intesa Sanpaolo, defenestrando Enrico Salza, ma incocciando nel veto di Guzzetti. Stavolta puntava sul direttore generale Morelli, ma ancora una volta ha ceduto di fronte all’asse Bazoli-Guzzetti. Ed è probabile che a Benessia verrà chiesto il conto di una tattica che a molti è sembrata azzardata.

Sarebbero già pronti i successori. I più gettonati sono Pietro Garibaldi (43 anni, professore di economia a Torino, consigliere di sorveglianza della banca), Alfonso Iozzo (69 anni, amministratore del Sanpaolo dal 2001, poi presidente della Cassa depositi e prestiti, è il nome più gradito al sindaco Piero Fassino) e l’ex primo cittadino torinese Valentino Castellani (71 anni, già sindaco di Torino per due mandati), sponsorizzato da Salza.

Se questi sono i retroscena della nomina di Cucchiani, che banca ha lasciato Passera al suo successore e quali sono i problemi più urgenti che il nuovo amministratore delegato dovrà affrontare? Gli ha consegnato un istituto con 19 milioni di clienti nel mondo, impieghi per 380 miliardi, capitalizzazione di 17,5 miliardi in Borsa.

i numeri del gruppo Nel bilancio 2010, il settore retail della banca contribuiva per 12,3 miliardi alle entrate, il corporate per 3,5 miliardi, il private per 755 milioni e l’asset management per 288 miliardi. Il gruppo impiega 101 mila dipendenti, produce la maggior parte delle proprie entrate in Italia per 12,8 miliardi. Le attività europee contribuiscono per 3,1 miliardi, mentre le controllate dell’istituto nel resto del mondo generano solo 610 milioni di ricavi complessivi.

Venendo ai dati più attuali, il gruppo Intesa Sanpaolo, superando le attese del mercato, ha chiuso  il terzo trimestre 2011 con 527 milioni di utile netto (superiore ai 314 stimati dagli analisti), in crescita del 3,3% rispetto allo stesso periodo di un anni fa, mentre nei nove mesi il risultato netto ha segnato 1,92 miliardi, in calo del 12,3% rispetto ai 2,2 miliardi dello stesso periodo del 2010. Ma anche il terzo trimestre avrebbe chiuso in rosso se fosse mancata una posta fiscale straordinaria e positiva da 1.100 milioni.

All’appello, insomma, mancano tanti soldi. Ma questi risultati dovevano bastare - secondo quella che era l’opinione di Passera - per confermare la politica dei dividendi e far ritenere al gruppo di poter registrare quest’anno «un andamento coerente con il piano d’impresa 2011-2013/2015». E non è finita: dal punto di vista del patrimonio, a fine settembre, il coefficiente core tier 1 ratio aveva raggiunto la percentuale del 10,2%. Ottenendo così il requisito di net stable funding ratio previsto da Basilea 3, «che ha consentito al gruppo di confermare la propria adeguatezza patrimoniale», con la successiva analisi condotta da Eba a ottobre nella quale è risultato che Intesa Sanpaolo non ha alcun fabbisogno di ulteriore capitale.

due interrogativi Se questa è la situazione lasciata da Passera, la sua improvvisa partenza per la capitale ha comunque creato qualche malumore tra i grandi azionisti. In fondo, ancora nell’aprile scorso, l’ex ceo aveva chiesto agli azionisti un aumento di capitale di 5 miliardi, legandolo a un piano industriale che porta il suo nome. Due sono, quindi, gli interrogativi a questo proposito. Il primo: Cucchiani sceglierà di confermare integralmente il piano industriale varato dall’ex capo-azienda in primavera o darà una sua impronta strategica? Non è una domanda di lana caprina anche perché dai primi mesi del 2011 a oggi sembra passata un’era con il mondo bancario che sta vivendo il grande rischio dei debiti sovrani (Intesa Sanpaolo ha in pancia titoli italiani per 63 miliardi) e quello di un possibile deterioramento dei crediti.

Il secondo interrogativo: il nuovo chief executive officer distribuirà il dividendo, come aveva promesso Passera? Il problema si porrà in primavera, ma le fondazioni, che hanno partecipato in prima persona all’aumento di capitale da 5 miliardi, vorrebbero essere rassicurate molto prima se potranno andare all’incasso. Potrebbero temere, infatti, che Cucchiani, alla luce della difficile situazione di crisi mondiale, possa anche non condividere l’opportunità di distribuire la cedola di 1,3 miliardi agli azionisti (questa cifra ipotizzerebbe un dividendo in linea con lo scorso anno, e cioè 0,80 euro ad azione). Un gruzzolo che, in termini di patrimonio, si traduce in un beneficio di 40 punti base che il ceo potrebbe trattenere per intero nei forzieri di via Monte di Pietà. Ma ci potrebbe essere un’altra soluzione: dimezzare il dividendo alle fondazioni e trasferire l’altra metà a patrimonio. Entrambe le ipotesi non incontrerebbero il favore degli enti soci e sarà difficile che Cucchiani, appena nominato a capo del gruppo, voglia scontentare subito Guzzetti & soci.

rimpasto Non solo soldi. Anche gli uomini contano. E il consigliere delegato sa bene che qualche disappunto e delusione, per la sua nomina, in Intesa Sanpaolo c’è. Soprattutto in quei manager che erano in lista per il passaggio di grado. È il caso di Morelli che le fondazioni - due in particolare, Torino e Firenze - volevano consigliere delegato. E dell’altro direttore generale, Miccichè. Ma fra gli scontenti potrebbe esserci anche il direttore finanziario Carlo Messina. Come smorzare queste negatività? Vediamo.

A Cucchiani saranno attribuiti poteri e deleghe che, almeno in questa prima fase, dovrebbero essere i medesimi esercitati finora da Passera. Non è escluso, quindi, che dopo essersi insediato al vertice di Intesa Sanpaolo e avere preso conoscenza della struttura manageriale e organizzativa del gruppo, in accordo con il consiglio di gestione, provveda a distribuire parte delle competenze tra il top management della banca, proprio a partire dagli attuali direttori. Uno dei suoi compiti sarà, quindi, quello di mantenere compatta la prima linea del management. Per quanto riguarda il trattamento economico che gli spetterà, si ipotizza che non sarà dissimile da quello del suo predecessore che nel 2010 ha ricevuto 3,8 milioni.

obiettivi Infine la mission. Bazoli ha lanciato un messaggio chiaro al neo-consigliere delegato: dovrà far crescere all’estero una banca ancora troppo focalizzata sull’Italia: «La nostra è una banca di grandi dimensioni con una forte presenza in Italia, ma all’estero è ancora poco sviluppata», ha spiegato il banchiere bresciano. All’estero dove? Il gruppo è già presente in diversi Paesi dell’est dell’Europa e in Egitto, e da qualche mese sta valutando un ritorno in Brasile e aprire sedi nell’Arabia Saudita. Cucchiani ha capito subito l’antifona e ha risposto: «Lo scenario finanziario internazionale presenta sfide che la mia generazione non ha mai conosciuto, e dalle quali non possiamo sfuggire».

Dopo gli ultimi dieci anni, dunque, si volta pagina. Intesa Sanpaolo è l’unico colosso bancario, infatti, ad avere almeno l’80% dell’attivo nel Paese di insediamento, ma è pur sempre un mercato che analisti ed esperti ritengono non crescerà nei prossimi anni ai tassi attesi per i Paesi dell’Europa centro-orientale. E il profilo di Cucchiani alimenta proprio l’idea di una banca che dovrà accrescere sempre più il peso internazionale, riducendo l’eccessiva esposizione al rischio Italia. Bazoli, prossimo ormai agli 80 anni che compirà a dicembre 2012, intende quindi spingere Intesa Sanpaolo a diventare un player europeo. Ecco, dunque, il perché della scelta di Cucchiani, a fronte dell’alternativa proposta da Benessia: il nuovo ceo ha un background internazionale più robusto rispetto a Morelli e Miccichè.

Un background che Cucchiani, 61 anni, milanese di nascita, si è sviluppato fin dai tempi degli studi: dopo la laurea con lode alla Bocconi, infatti, ha conseguito un master in economia aziendale alla Stanford University. E, agli inizi di carriera, ha lavorato in una banca degli States, la Continental Illinois di Chicago. Fra le diverse cariche ricoperte, è stato anche membro del consiglio di amministrazione di Antonveneta, di Interbanca e del cda di Unicredit; ha un passato anche in McKinsey (come Passera) e in Gucci.

Ma soprattutto, prima di accettare l’incarico di chief executive officer di Intesa Sanpaolo, era membro del comitato di gestione del colosso assicurativo tedesco, e responsabile operativo per il gruppo Allianz dei mercati assicurativi di Italia, Francia, Spagna, Portogallo, Turchia, Grecia, Benelux, Africa e Sudamerica, nonché dei rami danni a livello mondiale, oltre che presidente in Italia di Allianz spa. Da non dimenticare, inoltre, che nel 1996 era diventato il direttore generale di Lloyd Adriatico, controllata dal colosso di Monaco. E che qui ha salito i primi gradini della carriera in Allianz: amministratore delegato e, quindi, presidente.

Da manager assicurativo ha portato numeri buoni: nei primi nove

mesi dell’anno i rami danni globali di Allianz ha visto i premi crescere del 2,1%, l’utile operativo del 4,1% a 3,1 miliardi; in Italia ha incrementato l’utile operativo da 460 a 630 milioni.

Ora la sua sfida più importante.

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