Politica

Un’occasione per l’Islam dei moderati

La polemica sulle frasi di Benedetto XVI si sta ridimensionando ed è un bene che sia così. Il pontefice è indiscutibilmente anche un intellettuale ed è difficile trovare un eminente religioso musulmano che conosca bene Kant o sia in grado di polemizzare con Habermas, come ha fatto Ratzinger quando era cardinale. Tuttavia proprio il suo grande sapere lo ha paradossalmente tradito, inducendolo a una citazione, senza dubbio infelice, che un esperto di teologia può anche permettersi, ma che il Papa deve accuratamente evitare, sapendo che, quando si parla di Islam, «tutto ciò che dirai potrà essere usato contro di te». Penso che le frasi contenute nel discorso, poi ampiamente chiarite dalla Santa sede, fossero, più che eretiche, imprecise e, soprattutto, inappropriate nel contesto attuale.
L'Islam è in stato di veglia permanente e febbrile, riguardo ogni dichiarazione che concerne la sua idea fissa; quella che l'Occidente, senza distinzioni, stia conducendo una crociata contro il mondo musulmano. E reagisce all'unisono. Eppure dimentica che nel Medio Evo furono pubblicati cento testi contro i non musulmani e una sessantina contro i cristiani. Il Gruppo di ricerche islamico-cristiano ha deplorato le frasi del Papa, ma chi, tra i musulmani, ha condannato l'orribile omicidio del direttore di un giornale, Mohammed Tah, sgozzato, due settimane fa, per aver dubitato della geneaologia del Profeta? Qualcuno ha reagito, ma solo su Internet e senza grande eco. E chi si preoccupa delle ricorrenti prediche contro i cristiani e i musulmani in diverse moschee e nei manuali scolastici?
Ciò nonostante, da questa crisi può scaturire qualcosa di buono. Passata la concitazione delle prime ore sono emersi due Islam, quello ufficiale e quello ribelle. Il primo è colto, quietistico e moderato. Professa «dall'alto», ma dagli anni Ottanta subisce la concorrenza di quello «dal basso», che è ribelle, jihadista, misogino, antisemita, anticristiano e che seduce i giovani, gli emarginati, nutrendosi di disperazione. Questi due Islam fanno fronte comune sulla Palestina, la Cecenia, il Kashmir, il velo, i diritti degli immigrati, gli insulti a Maometto. Dissentono sulla politica interna, la guerra santa e i kamikaze.
Ora quello ufficiale si dimostra soddisfatto del rammarico espresso dal Vaticano e ieri persino il presidente iraniano Ahmadinejad ha espresso rispetto per Benedetto XVI; in genere le autorità religiose sono in sintonia con i governi nel tentare di calmare gli animi. Ma l'altro Islam, che si esprime attraverso gruppi fondamentalisti come i Fratelli musulmani in Egitto o il Fronte dei difensori dell'Islam in Indonesia, continua a protestare. Con la logica di chi cerca pretesti per scatenarsi e, soprattutto, per coinvolgere sempre più persone, per trasformare il branco in una massa. È questa la sua strategia, come ben si è visto in occasione della crisi delle vignette islamiche, quando milioni di musulmani sono stati aizzati in un movimento emotivo e confuso. Impedire la condensazione di un «terzo islam» è urgente quanto la necessità di evitare che si formi una santa alleanza anti-islamica.
In verità, l'Occidente ha pochissimi interlocutori che condividano la sua visione liberale e secolare del mondo, mentre la Santa Sede non ha praticamente alcun partner religioso credibile. Nei Paesi islamici i laici sono in minoranza e le loro chance di successo sono state ridotte dai recenti errori della politica estera americana. I buoni credenti musulmani che partecipano al dialogo islamico-cristiano sono a loro volta intimiditi e talvolta li scopriamo tra coloro che appiccano gli incendi. Lo sceicco Gardhaoui è un buon esempio dell'intellettuale che professa la doppia verità, una per l'Occidente e una per l'Islam, una privata e l'altra pubblica.
E allora quando l'Organizzazione della conferenza islamica, che raggruppa 57 Paesi musulmani, scrive al Consiglio dei diritti dell'uomo delle Nazioni Unite per chiedere che venga affrontata la questione della tolleranza religiosa, io dico: bene. Ma a condizione che si crei un osservatorio dell'intolleranza religiosa nel mondo. Vedremmo così chi sono i veri intransigenti e come avvelenano l'opinione pubblica.


*Docente di scienze politiche all'università di Tunisi. Autore del saggio «L'exception islamique»

Commenti