Occhi alle stelle Tre secoli di utopie e fantascienza

Alla Biblioteca di via Senato un’originale mostra sulle fortune della letteratura fantastica nel Nostro Paese, da Verne a Salgari, a Buzzati

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Luciana Baldrighi

Con la mostra «Dalla terra alle stelle: tre secoli di fantascienza e utopie italiane» continua la valorizzazione dei fondi specialistici della «Biblioteca di via Senato», fino al 30 ottobre. Per la prima volta in Italia viene presentata la «via italiana alle stelle», un percorso autonomo e originale della letteratura utopica e fantascientifica del nostro Paese, la cui originalità viene sottolineata nel termine «fantascienza» apparso nel 1952 sulla rivista Urania.
A partire da testi settecenteschi come l’«Icosameron» di Casanova, agli almanacchi che negli anni Cinquanta si sono rapidamente diffusi in tutta italia ispirati ai modelli americani, dalle storie esotiche di Salgari e Yambo ai testi di Palazzeschi Landolfi e Italo Calvino fino agli scritti futuristi di Marinetti e ai fumetti avventurosi del Fascismo, l’esposizione curata da Giuseppe Lippi documenta la ricchezza dei moduli narrativi prodotti da questo genere per troppo tempo relegato al rango di letteratura di seconda serie. Pensieri e parole di Marcello Dell’Utri.
La rassegna parte con «Intorno alla luna» di Jules Verne del 1905 e chiude con «Il pianeta proibito» di W.J.Stuart. Non mancano «Star Trek», «Interplanet», «Saturnino», «Atlantide», «Stelle», «Urania», «Infinito» e «L’uomo invisibile».
Per l’occasione, la Fondazione Cineteca Italiana di Milano in collaborazione con la Biblioteca di via Senato dal 1 giugno al 31 agosto nello Spazio Oberdan della Provincia,in viale Vittorio Veneto 2, e al Cinema Mexico di via Savona 57, hanno organizzato una rassegna cinematografica dedicata alla fantascienza. Aprirà il programma «Nirvana» del 1997 di Gabriele Salvatores (info 02-2900.5639 oppure 02.7621.5318).
Pare che Ludovico Ariosto mostrò al Cardinale Ippolito d’Este la versione finale dell’«Orlando furioso» e che il destinatario lo guardasse con occhi spaventati apostrofando: «Messer Lodovico, dove mai avete pigliato tante castronerie?». Se ne deduce che l’indole nazionale sia sempre stata poco portata al «fantastico», nonostante nella nostra letteratura domina la «Divina Commedia» che seppur nel suo «realismo», resta un viaggio di esplorazione nello spazio e nel tempo, ma soprattutto si tratta di una descrizione di mondi ultraterreni che appartengono pur sempre alla sfera dell’aldilà. Fino ai tempi di Galileo la «Commedia» rimase il nostro poema cosmico. Con «Il dialogo sopra i due massimi sistemi» che sanciva che le teorie copernicane erano esatte, nell’Italia divisa e arretrata veniva alla luce «La città del sole» di Tommaso Campanella quale anticipazione della successiva speculazione rinascimentale nella quale l’uomo si ritrovava al centro dell’universo.

Fu solo nell’Ottocento e nel primo Novecento che si abbatterono i pregiudizi secondo cui la fantascienza italiana non esisteva. I modelli divennero Verner, Wells, Poe, Grifoni fino a Buzzati. La più longeva scoperta editoriale fu «Urania» nel 1952 della Giorgio Mondadori.

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