RomaIl teatro Bellini a Catania, il Palazzo dei Priori a Perugia, il tetto delluniversità Federico II a Napoli, il Palazzo del Governatore a Parma, poi il Ponte Vecchio di Firenze. Ma è il duomo di Brunelleschi la perla di giornata che la protesta studentesca infila nella sua ormai lunga collana di monumenti violati. Mentre il corteo di ragazzi fiorentini si ferma sotto il campanile di Giotto, un gruppetto riesce a salire sulla cupola quattrocentesca, a occuparla per qualche minuto e a srotolare uno striscione: «Luniversità non è in vendita».
Ma questo è anche il giorno in cui Gianfranco Fini, dopo le scalate sui tetti dei suoi, prende le distanze dalle contestazioni. Anche quelle di Fabio Granata, Chiara Moroni e Flavia Perina che pur di schierarsi contro il governo, erano saliti in cima alla Facoltà di Architettura come gesto di solidarietà agli studenti in rivolta. Il presidente della Camera li zittisce, secondo lui la riforma Gelmini «è una delle cose migliori di questa legislatura». Niente dubbi quindi per i prossimi giorni, Fli non farà sgambetti. «La legge - dice Fini - verrà approvata martedì prossimo. Può anche non piacere un certo impianto di riforma, ma tentare di bloccarla avendo come certezza che resterebbe tutto così comè oggi, significherebbe commettere il più grosso errore che si può fare per garantire il futuro dei nostri figli». Fini è a Lecce per un incontro con il Senato accademico delluniversità e risponde alle critiche di studenti e professori al testo della Gelmini. «Ci sono tante ragioni - sostiene - per sperare di creare una società più giusta e ai primi posti cè la voglia di un futuro migliore per i ragazzi e quindi la qualità delle nostre scuole e delle nostre università è fondamentale». Tutto, insiste, ovviamente si può ritoccare, «ma chi vuole fermare la riforma deve porsi la questione del perché cè in Italia un numero così alto di laureati disoccupati». E cè pure «un problema di oggettiva qualità dei titoli di studio e di collegamento tra gli atenei e le realtà economiche». Per non parlare «delleccessivo numero di poli didattici, 322 in un Paese di 104 province: e poi si dice che i costi delle università non possono essere compressi». Per Fini esiste un solo rischio, «che la riforma sia sottofinanziata, però è sbagliato radicalmente contestarne lo spirito».
Le sue parole sono «molto apprezzate» da Mariastella Gelmini. «Mi auguro che oltre al voto per questa legge, Fli non si schieri per la sfiducia a Bondi».
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