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«È un’offesa a Dio uccidere in suo nome»

nostro inviato a Istanbul

La Chiesa cattolica «è pronta a fare tutto il possibile» per arrivare alla piena comunione con gli ortodossi e Benedetto XVI fa per la prima volta sue le parole del predecessore Wojtyla, dicendosi disposto a discutere le forme di esercizio del primato di Pietro per favorire il cammino dell’unità. Sorridono, Papa Ratzinger e il patriarca ecumenico Bartolomeo I, alla fine della lunghissima divina liturgia della festa di Sant’Andrea, appena celebrata nella piccola chiesa del Fanar, il «vaticano ortodosso». Sorridono e alzano il braccio tenendosi per mano, dopo aver benedetto dal balcone i fedeli radunati nel cortile del palazzo patriarcale.
Il Papa dell’antica Roma e il patriarca di Costantinopoli, la nuova Roma, nella sala del Trono, firmano poi una dichiarazione congiunta, nella quale riaffermano l’impegno ad approfondire il dialogo teologico, ma parlano soprattutto dell’urgenza di rievangelizzare il Vecchio Continente dove crescono secolarizzazione, relativismo e nichilismo; della libertà religiosa da salvaguardare e promuovere, della pace in Medio Oriente. E condannano pure «l’uccisione di innocenti nel nome di Dio».
Joseph Ratzinger, appoggiato sul suo scranno di legno, segue con attenzione ogni passaggio del suggestivo rito ortodosso. Scambia l’abbraccio di pace con Bartolomeo, che nella sua omelia afferma: «Noi ci inchiniamo con umiltà e pentimento davanti al Dio vivente e davanti a Gesù Cristo, del quale portiamo il nome santissimo e la cui tunica, tessuta tutta d’un pezzo, noi abbiamo diviso».
Nel suo discorso, il Papa rinnova l’impegno cattolico per l’unità. «La mia presenza qui oggi – dice – è destinata a rinnovare il comune impegno per proseguire sulla strada verso il ristabilimento – con la grazia di Dio – della piena comunione. Posso assicurarvi che la Chiesa cattolica è pronta a fare tutto il possibile per superare gli ostacoli e per ricercare, insieme con i nostri fratelli e sorelle ortodossi, mezzi sempre più efficaci di collaborazione pastorale a tale scopo».
Certo, Benedetto XVI, ricordando le figure dei due fratelli apostoli Pietro e Andrea, non rinuncia a mettere in luce le «forme differenti» con cui entrambi diventarono «pescatori di uomini». Mentre Andrea svolse un compito missionario rendendo possibile l’incontro tra la cristianità primitiva e la cultura greca, a Pietro venne attribuita «una responsabilità universale». E proprio il tema «del servizio universale di Pietro e dei suoi successori ha sfortunatamente dato origine – continua il Papa – alle nostre differenze di opinione, che speriamo di superare, grazie anche al dialogo teologico, ripreso di recente». A questo punto, Benedetto XVI ripete per la prima volta la proposta formulata da Giovanni Paolo II nell’enciclica «Ut unum sint», rimasta a lungo lettera morta. Wojtyla «parlò della misericordia che caratterizza il servizio all’unità di Pietro» e «su questa base fece l’invito a identificare vie nelle quali il ministero petrino potrebbe essere oggi esercitato, pur rispettandone la natura e l’essenza, così da realizzare un servizio di amore riconosciuto dagli uni e dagli altri».
Proprio il teologo di punta del patriarcato ecumenico, il metropolita Iohannis Zizioulas, ha parlato in questi anni della necessità del riconoscimento di un primato da parte della Chiesa ortodossa. Ma le posizioni rimangono diverse innanzitutto sulla natura di questo primato e poi sulle forme in cui dev’essere esercitato. I colloqui della commissione mista per il dialogo teologico riprenderanno in primavera a Ravenna e il patriarcato auspica che possano essere aperti da Bartolomeo e dallo stesso Pontefice.
Benedetto e Bartolomeo, ricordando la cancellazione delle reciproche scomuniche per lo scisma d’Oriente del 1054, avvenuta nel 1965, hanno dichiarato insieme: «Non abbiamo ancora tratto da questo atto tutte le conseguenze positive che ne possono derivare per il nostro cammino verso la piena unità». Ma la dichiarazione congiunta, non potendo ancora presentare concreti passi in avanti dal punto di vista teologico, è tutta rivolta alla comune missione di rievangelizzare l’Europa favorendo la riscoperta delle sue radici cristiane. Da un Paese musulmano al 99 per cento, Benedetto e Bartolomeo affermano poi insieme che «l’uccisione di innocenti nel nome di Dio è un’offesa a Lui e alla dignità umana». Infine, la dichiarazione rilancia la richiesta della pace in Terrasanta e la preoccupazione per i pericoli che corre l’ambiente.
In serata, Benedetto XVI ha incontrato anche il Gran Rabbino di Turchia e il patriarca della Chiesa armena apostolica.

Nel suo saluto al patriarca armeno, pur non pronunciando mai la parola «genocidio», Ratzinger ha ringraziato per la testimonianza cristiana del popolo armeno trasmessa «spesso in circostanze davvero tragiche come quelle sperimentate durante il secolo passato». Un accenno a quel genocidio che le autorità turche negano contro ogni evidenza.

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