Gli oggetti delle vittime nel libro del dolore

Un squadra della Sas ha prima archiviato tutti i reperti e poi li ha riconsegnati alle famiglie: per riconoscerli sono stati catalogati in un book

Lunedì apre il processo di appello sulla strage di Linate dell’8 ottobre 2001. A quattro anni di distanza la ferita rimane incredibilmente aperta, non solo per i familiari delle 118 vittime. Fra le tante storie che si possono raccontare c’è quella di quei ragazzi e ragazze che si sono occupati della riconsegna degli oggetti recuperati fra le carcasse dei due aerei, nel toboga e lungo la pista, ai parenti delle vittime: «Un lavoro dolorosissimo, confida Evi Volpato, della Sas -. Centinaia di migliaia di oggetti, tutti catalogati, dal pezzetto di carta bruciato o addirittura sporco di sangue, all’orologio».
La compagnia che rimase coinvolta con il suo aereo di linea nell’incidente di Linate, si è affidata alla Kenyon Internacional, società specializzata in questo settore, la stessa che si è occupata di repertare i resti delle due torri di New York dopo gli attentati dell’11 settembre.
Un lavoro complesso e allo stesso tempo portato a termine in modo stupendo da un gruppo di una ventina di uomini Sas, fra tutor e personale dipendente, che ha prima svolto dei corsi specializzati per poter entrare in contatto con le famiglie, il momento più difficile. Non hanno solo dovuto trovare il coraggio di suonare un campanello, hanno dovuto prepararsi ad essere accolti da padri, sorelle e figli ancora distrutti dal dolore. Molti non hanno trovato il coraggio di rivedere gli oggetti cari al loro parente, alcuni non hanno trovato neppure la forza di aprire la porta.
Gli oggetti recuperati dagli uomini della Kenyon sono stati tutti catalogati e quindi riuniti in un magazzino di Londra, trasportati sotto scorta dalla polizia italiana. Qui sono stati fotografati e riuniti in un book che, dopo lettera inviata da Sas, è stato consegnato a ogni famiglia. A questo punto è iniziato il lungo viaggio di chi materialmente doveva riconsegnarli. Kenyon era assolutamente attrezzata per risolvere e chiudere l’intera operazione, ma la Sas ha ottenuto che la fase più delicata fosse di sua competenza.
Presente uno psicologo, ma era dura ugualmente, ogni oggetto una ferita che si riapriva, il gruppo ha fatto visita a una settantina di famiglie italiane e quasi altrettanto scandinave, una inglese, francese e sudafricana, è stato necessario anche un viaggio a Melbourne in Australia.


Una situazione estremamente delicata gestita con infinita cura, dopo tre mesi dall’incidente le prime consegne, alcuni dei parenti avvertivano un bisogno disperato di riottenere alcuni oggetti, le domande erano pressanti, c’era chi voleva tutto e subito senza realizzare che ogni oggetto si trovava sotto sequestro dell’autorità giudiziaria. Ma chi è stato colpito in modo così violento può perdere il senso delle cose.
Oggi nel magazzino di Londra è rimasto poco se lo si paragona alle centinaia di migliaia di oggetti che conteneva.

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