Raccontare la storia di un intero secolo. Metterne su carta non tanto le grandi vicende, le date fondamentali, gli eventi rimasti nella memoria collettiva, quanto piuttosto cercare di fissarne lo spirito. Rendere nella pagina la vita quotidiana, le sensazioni, la temperie di un dato luogo in una data epoca.
Unimpresa da far tremare i polsi a qualunque scrittore. Un progetto «alto», di quelli che non vanno più di moda da quando la letteratura è diventata tutta elucubrazione intimista o, peggio, cazzeggio a colpi di citazione. Eppure Aleksandar Gatalica, uno dei più bravi scrittori serbi, ha deciso di correre il rischio, di giocare con lo spazio e con il tempo per affrontare tutto intero il Novecento.
Il risultato è Secolo (Diabasis, pagg. 415, euro 19,50, traduzione di Silvio Ferrari e Aleksandra Dzankic), una raccolta di cento e uno racconti, una cavalcata che attraversa i decenni dallesposizione di Parigi del 1900 sino a una Lisbona stanca e piovosa dellanno 2000. Seguendo il filo di queste piccole storie tutte ammantate di una garbata ironia, di una nostalgia malinconica che ha qualcosa di Kafka, si scoprono centinaia di personaggi fantastici. E che siano realmente esistiti oppure no, poco importa. Perché verità e finzione letteraria scivolano luna nellaltra senza soluzione di continuità, creano lillusione di guardare il passato attraverso un «cronovisore».
Così ci si rifugia nella metropolitana di Londra bombardata dai tedeschi insieme al piccolo Tarat e al suo pupazzo Boram. Oppure si conoscono strani collezionisti italiani dellanno 1943. Si cerca di dimenticare un aborto con Frida in una Vienna anni 50, oppure si trascorre il 1974 con limbalsamatore del Cremlino.
Chiudendo il libro, che non è affatto obbligatorio leggere tutto dun fiato - anzi, richiede il suo tempo - si ha limpressione di aver rifatto un pezzo di strada, di sapere meglio come si è arrivati qui (ovunque sia questo qui). È solo unimpressione ovviamente, quella che genera la narrazione quando rapisce e affascina.
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