Silvia Kramar
da New York
Dopo una lunga attesa, il nuovo film di Oliver Stone, World Trade Center, ha raggiunto mercoledì le sale americane, preceduto da una raffica di critiche. Fino a qualche tempo fa il regista di Platoon, JFK e Nato il 4 luglio era considerato dalla sinistra americana uno dei maggiori portavoce del liberalismo cinematografico. I suoi film erano sempre stati oggetto di dibattiti politici più che artistici. Il suo nome appariva negli annali liberal di Hollywood dopo le ribellioni giovanili di Jane Fonda e prima dei feroci documentari di Michael Moore. Ma stavolta i critici americani non hanno puntato le loro penne sul contenuto di World Trade Center, bensì sulla nuova personalità di Oliver Stone. Perché, con World Trade Center, Stone ha mostrato un nuovo volto: quello del patriota, del sostenitore della bandiera a stelle e strisce e, soprattutto, del cristiano rinato. Tutte le recensioni si sono difatti soffermate sulle immagini cristiane che appaiono nel primo film che, dopo United 93, ha osato rivisitare Ground Zero. Proprio Stone, che aveva sfidato il mondo conservatore con film pieni di dietrologia e di un liberalismo anche spietato, stavolta ha regalato agli americani un film definito da molti come un «God Bless America movie», una storia piena di buon, classico patriottismo.
Ha scritto di lui il critico conservatore Cal Thomas: «Questo è il film più pro America, pro famiglia, pro maschilismo e pro bandiera che abbia mai visto». I riferimenti alla fede cristiana sono chiari: ci sono i marines che pregano in chiesa insieme a David Karnes, uno degli eroi che salverà dalle macerie i due protagonisti della pellicola, i due vigili del fuoco interpretati da Nicolas Cage e Michael Pena. Ci sono i primi piani sui rosari, le due apparizioni di Gesù e il salvataggio di John McLoughlin (Nicolas Cage), che viene risollevato dalle macerie del grattacielo newyorkese come se fosse anche lui un Cristo in croce.
Stone non ha pubblicamente negato la sua fede, che pervade World Trade Center: ha dichiarato che sua madre era cattolica, suo padre ebreo e che lui ha sempre avuto un profondo amore per Gesù. «Da giovane avevo usato molte droghe psichedeliche», ha ammesso in un'intervista al Los Angeles Times, «che mi hanno aperto la mente e l'anima, così che i miei film vengono tutti dal cuore». Tra il 1990 e il 2000, Stone ha ammesso anche di aver abusato di medicinali per la sua condizione di diabetico e di averli mescolati troppo spesso all'alcol: dal buio di quegli anni sarebbero nati i suoi film più neri, mentre in World Trade Center il regista ha ritrovato la luce e la fede. Così il critico del Village Voice ha dovuto chiedersi: «E adesso la destra come farà a continuare a odiare Oliver Stone?».
Anche il tempismo del suo World Trade Center sembra perfetto: manca un mese al quinto anniversario dell'11 settembre, mentre le minacce di altri aerei-bomba continuano a paralizzare il mondo occidentale. Al punto che adesso c'è chi paragona il patriottismo del regista di Nixon e Wall Street ad un nuovo Frank Capra. Ma lui mette le mani avanti: «Innanzitutto molte cose che sono state scritte sulle mie idee politiche negli anni scorsi erano completamente errate. Con questo film ho voluto dire agli americani di andare a rivisitare quel terribile martedì di dolore, di vederlo senza pregiudizi, minuto per minuto, per poi capire quali sono state le vere conseguenze. Una guerra, uno spaventoso aumento del debito, il clima di paura e una manipolazione della Costituzione americana».
In attesa dei primi risultati dei botteghini (il film è costato poco, solo 36 milioni di dollari e la Paramount si aspetta grossi incassi nei primi week-end) ci si chiede chi sia il nuovo Oliver Stone.
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