Olmert in difficoltà: esce dal governo partito di ultradestra

lo strappo: "Non c'è alternativa ai negoziati per raggiungere la pace con i palestinesi". Ma il primo ministro è determinato a continuare i contatti diplomatici

Olmert in difficoltà: esce dal governo partito di ultradestra

Gerusalemme - "Non c’è alternativa ai negoziati per raggiungere la pace con i palestinesi". Con queste parole il premier israeliano Ehud Olmert ha accettato le dimissioni dal governo presentate ieri mattina del ministro per gli Affari strategici, Avigdor Lieberman, capo della formazione di ultradestra Yisrael Beitenu, contrario ai colloqui dipacecon l’Anp su questioni chiave come i confini tra Israeleeil futuro Stato di Palestina. Il primo ministro ha aggiunto di essere determinato a "continuare i contatti diplomatici" e, quindi, a proseguire sulla strada tracciata dalla conferenza di Annapolis dello scorso novembre che, con il sostegno del presidente statunitense George Bush, ha rilanciato il negoziato tra israeliani e palestinesi con l’obiettivo di raggiungere la pace entro il 2008.

Per Olmert, che nei giorni scorsi ha ricevutol’appoggio diBushin visita in Israele, la strada si fa in salita e il suo governo corre il rischio di cadere già nelle prossime settimane. Senza dimenticare che a fine mese la Commissione Winograd renderà pubblico il suo rapporto integrale sulla guerra dell’estate 2006 contro Hezbollah, in Libano. Il documento conterrà presumibilmente dure critiche alla gestione del conflitto da parte di Olmert e del governo.

Con l’uscita di Lieberman l’esecutivo non ha più al suo interno un ministro con posizioni molto imbarazzanti - il leader di Yisrael Beitenu ha riaffermato ieri la sua ostilità verso la minoranza araba israeliana (i palestinesi con cittadinanza israeliana, un quinto della popolazione dello Stato ebraico) della quale chiede il «trasferimento» nei territori amministrati dall’Autorità nazionale palestinese del presidente Abu Mazen.

Olmert però si ritrova con una maggioranza risicata in Parlamento. Martedì il premier poteva contare su 78 dei 120 deputati della Knesset, ieri solo su 67 e presto potrebbe perdere anche i 12 del partito religioso Shas e ritrovarsi in minoranza.

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