Olmert: useremo il pugno di ferro

Israele insiste: nessuno stop se non si ferma il lancio dei razzi Qassam. E il negoziatore del governo non si presenta al Cairo per le trattative di pace

Olmert: useremo il pugno di ferro

Gerusalemme - Nessuna esitazione, nessuna marcia indietro. La guerra casa per casa è arrivata feroce nei quartieri e nei vicoli di Gaza City e Ehud Olmert non mostra cedimenti. Il premier israeliano promette: fino a quando proseguirà il lancio di razzi da Gaza, Israele continuerà a usare «il pugno di ferro». E il traguardo, che per Tsahal significa fermare i miliziani palestinesi, potrebbe non essere lontano. «Siamo molto vicini a raggiungere i tre obiettivi prioritari.

dell’offensiva militare - ha annunciato il portavoce del governo Mark Regev - spiegando che Israele è a un passo dalla distruzione delle capacità militari di Hamas, che è vicina alla fine del lancio dei missili Qassam e allo stop del riarmo dei terroristi. Per Israele resta vitale impedire che dall’Egitto, Hamas possa ancora rifornirsi di armi e razzi a lunga gittata. A pesare il valore di questo nervo scoperto ha pensato ieri il ministro delle Infrastrutture Ben Eliezer: «Se la falla restasse aperta in un futuro non lontano Hamas potrebbe minacciare anche Tel Aviv, distante 70 chilometri da Gaza».

Il bilancio militare israeliano, insomma, dopo diciassette giorni dell’operazione «Piombo fuso» sembra positivo. E sta tutto nei numeri, che per Tsahal sono quelli che contano: gli attacchi con missili Qassam sono calati del 50 per cento dall’inizio del conflitto. Ma la situazione per i civili resta difficilissima con le vittime che superano quota 900 e i feriti che sfiorano i 3.400. Così Israele prosegue con il cessate il fuoco quotidiano di tre ore, che ieri ha consentito l’ingresso di 160 camion di aiuti nella Striscia. Ma l’Onu chiede di più: il segretario generale Ban Ki-Moon intima a Israele di fermare immediatamente i combattimenti mentre John Holmes, coordinatore delle operazioni umanitarie, ha chiesto «tregue più lunghe» per gli aiuti umanitari.

Eppure, mentre Israele si dichiara vicina ai suoi tre obiettivi, Hamas non si proclama per nulla sconfitta. I suoi capi - che secondo Haaretz si stanno nascondendo in un bunker costruito dagli israeliani negli anni Ottanta, negli scantinati dell’ospedale Shifa di Gaza - si dicono anche loro «vicini alla vittoria», «più che mai», e alzano il muro su eventuali trattative facendo sapere che non accetteranno di esaminare progetti di tregua.

In verità una delegazione di Hamas ha incontrato per il secondo giorno il capo dei servizi segreti egiziani mentre un ottimista Tony Blair, nel ruolo di inviato per il Quartetto (Onu, Stati Uniti, Ue e Russia) ha visto al Cairo il presidente egiziano Hosni Mubarak e ha dichiarato che «si sta lavorando sui dettagli di un accordo per il cessate il fuoco».

Anche se poi, nella notte, fonti politiche libanesi hanno rivelato che Hamas probabilmente respingerà la proposta di pace egiziana, in disaccordo con tre punti chiave del piano. Il movimento punta ancora a una tregua a breve termine.

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