Oltre i vincoli di Maastricht (ma soltanto per un po’)

La politica europea sta affrontando la crisi finanziaria su due piani. Il primo è la tutela totale dei singoli risparmiatori. Ieri il Cancelliere Angela Merkel ha aumentato le garanzie sui depositi bancari dei tedeschi. L’Italia ha già un tetto tra i più alti d’Europa e per il momento sembra solo lambita dal virus. Ma il principio della Nuova Europa, di cui si discuterà anche all’Ecofin di domani, è che il cittadino-risparmiatore non debba perdere nulla. Un secondo piano, collegato al primo, riguarda le banche come motori dello sviluppo economico. Le istituzioni europee forniranno loro la liquidità necessaria per continuare a fare il proprio mestiere: prestare quattrini alle imprese. Ma non basta. Se una banca dovesse essere così intossicata da rischiare la vita, i singoli Stati interverrebbero. Insomma l’Europa ha deciso di mettere una rete di contenimento in un settore molto specifico del nostro mercato, quello bancario.
Tutto ciò ha ovviamente un costo. Oggi difficilmente quantificabile, poiché è direttamente proporzionale all’aggravarsi della crisi. Per proteggere il cittadino-risparmiatore i governi europei potrebbero essere obbligati a chiedere risorse (il deficit eventuale di oggi rappresenta una tassa certa domani) ai cittadini-contribuenti. La scelta politica fatta oggi dall’Europa è che lo Stato deve intervenire e che l’eventuale costo non sia ricompreso nei rigidi parametri fiscali che l’euro ci ha dato con Maastricht. Più o meno è quanto i quattro del G8 hanno scritto nel documento finale del vertice di Parigi.
Il futuro ci dirà se l’Europa (e l’America) ha fatto bene a spostare l’onere della crisi dagli incolpevoli risparmiatori agli altrettanto incolpevoli contribuenti. Ma sin da subito si può dire che l’arma di cui si sono dotati i governi europei è pericolosa. Il corpaccione delle democrazie continentali si è da poco liberato dalla droga dell’interventismo pubblico, oggi ne riassume una nuova dose per un caso eccezionale.


Deve subito prendere un impegno pubblico a rendere temporanea questa sua ricaduta. Altrimenti tra pochi anni dal fallimento delle banche ci troveremmo al fallimento degli Stati. E in questo caso sarebbero davvero dolori.

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