Oltre la metà dei milanesi sceglie di farsi cremare

Da giovane ha combattuto in Libia. Da morto ha chiesto di esser cremato, le ceneri portate nel deserto che lo ha visto soldato e sparso al vento. A Sanremo c’è l’Istituto per la cremazione, ditta privata che mette a disposizione dei defunti due battelli. Una breve gita al largo ad almeno un miglio dalla costa, l’urna biodegradabile color del mare che viene «filata» in acqua in mezzo a petali di fiori e foglie. Proprio filata, così come si dice tra marinai abituati ad affidare alle onde chi non c’è più. Cerimonia religiosa o qualche parola dei parenti per chi non crede, due giri della barca intorno e il corno da nebbia che suona per l’ultimo saluto. Meno bene è andata ai parenti partiti con l’urna per il mare e il sole di Capri. Permesso negato dalle autorità campane e mesto ritorno a casa.
A pochi mesi dal regolamento approvato dalla Regione, sparger le proprie ceneri diventa sempre meno affare per eccentrici innamorati di riti d’altri tempi. Da febbraio a oggi già 37 le dispersioni autorizzate dall’assessorato ai Servizi funebri. In 19 hanno deciso per il tranquillo Giardino del ricordo, luogo di dispersione allestito al cimitero di Lambrate. Sei hanno scelto il mare (Mar Ligure, Golfo di La Spezia, l’Adriatico o lo Jonio), in 4 l’aria (Alta Valsesia, Val di Funes, i colli della Brianza) in 3 i fiumi (Ticino, Olona, Nure), uno il Lago di Viverone e uno un santuario ligure. Numeri ancora piccoli, ma sicuramente destinati a crescere esponenzialmente nei prossimi anni. Come quello di chi chiede l’affido delle ceneri. E già in 535 da febbraio, quando l’assessore Giulio Gallera ha recepito la sentenza del Consiglio di Stato, hanno chiesto di portare a casa l’urna con i resti del caro estinto. Costo 25 euro. Sicuramente meno richieste le cerimonie di commemorazione nel Tempio civile messo a disposizione del cimitero di Bruzzano. Solo 10 dall’inaugurazione nel novembre 2002.
Per le cremazioni a Milano è, invece, un vero e proprio boom. Con una tendenza in crescita ormai da anni e assolutamente anomala rispetto al resto d’Italia. In città siamo già a quota 54 per cento. Dato incredibile se si pensa che la media nazionale raggiunge appena l’8. Per il resto è il 41 per cento che chiede l’inumazione, mentre appena il 5 sceglie la terra e la tumulazione. Percentuali capovolte rispetto al resto del Paese dove il primato spetta alle tumulazioni (58 per cento) rispetto al 34 per cento delle inumazioni in cellette o colombari. «Proprio per questo - spiega Gallera - il Comune si è impegnato per eliminare le liste di attesa. Con il nuovo polo a Lambrate, i cinque forni e il Giardino del ricordo, i disagi per i congiunti sono ridotti a zero. Solo nel 2004 le cremazioni sono state 5.343, pari a oltre il 12 per cento di tutte quelle eseguite in Italia». Costumi che cambiano e amministratori che si adeguano. Soprattutto al Nord. E, infatti, dei 39 templi crematori, 28 sono attivi in regioni settentrionali, 10 nella sola Lombardia.

Così alla Socrem, racconta il presidente Pietro Bigatti, sono già iscritti ben 18mila milanesi. Otto su dieci hanno messo nero su bianco la richiesta di dispersione. Condizione necessaria, in alternativa al testamento, per tornare alla natura. Fuoco, acqua, terra o aria.

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