
"Mi chiamo John Ford. Faccio western". Più di sessant'anni fa il grande regista poteva autodefinirsi così e con orgoglio, durante un'assemblea dei suoi colleghi presieduta dal potente Cecil B. DeMille che, in pieno maccartismo, voleva rendere obbligatorio un giuramento di fedeltà al quale, naturalmente, il regista, sigaro in bocca, berretto da baseball e scarpe da ginnastica, rispose picche: "Tu non mi piaci, Cecil DeMille, e non mi piace quello che hai detto qui stasera". John Ford, che Steven Spielberg ha meravigliosamente rievocato recentemente in The Fabelmans, facendolo interpretare dal compianto David Lynch, era già un mostro sacro. Aveva esordito nel 1917 e nel 1939, con Ombre rosse, aveva girato il suo primo western diventato immediatamente, oltre che un successo commerciale (costato mezzo milione di dollari ne incassò il doppio), un capolavoro del genere definito dal critico francese André Bazin, "il cinema americano per eccellenza".
Una frase che viene giustamente ricordata nel volume di Andrea Bosco A proposito di Ombre rosse di John Ford (bookTime) che ripercorre, con una quantità impressionante di informazioni (alcuni capitoli si intitolano "Le armi", "I vestiti", "Le canzoni"...), di analisi ma anche di aneddoti, le eredità, nell'immaginario collettivo e in quello artistico (Bonelli su Tex, in un albo del 1948, fa disegnare a Aurelio Galeppini esattamente l'assalto alla diligenza), di un film il cui soggetto può essere descritto in tre righe, come solo il grande cinema sa fare: un gruppo eterogeneo di persone si mette in viaggio su una diligenza che da Tonto va a Lordsburg ma sul tragitto ci sono anche gli Apache e il loro capo Geronimo che li attaccano, finché non "arrivano i nostri".
La diligenza del titolo originale (Stagecoach) è un espediente per mettere insieme l'umanità e l'universalità di personaggi irregolari e spesso miserabili lo sceriffo, il postiglione, la moglie incinta d'un ufficiale di cavalleria, il giocatore sudista di poker, la prostituta, il venditore di liquori, il medico alcolizzato, il direttore della banca fuggito con la cassa, a cui si aggiunge il fuorilegge Ringo interpretato dal mitico John Wayne ma con cui lo spettatore empatizza immediatamente preparando così emotivamente la scena epocale dell'attacco alla diligenza da parte degli indiani sullo sfondo della Monument Valley anche se Bosco, nel suo volume, precisa che la sequenza fu girata nel Lucerne Dry Lake, "un lago salato, bianchissimo, piatto e scorrevole, nei pressi di Victorville in California".
Ecco Ombre rosse, "il più grande western di tutti i tempi", girato da un regista che aveva conosciuto di persona addirittura Wyatt Earp: "All'epoca lavoravo come aiuto attrezzista. Gli portavo sempre una sedia e una tazza di caffè. E lui mi raccontava della sfida all'O.k. Corral". Ricostruita, esattamente com'era avvenuta, in Sfida infernale del 1946. Un altro capolavoro di Ford.