Omicidio Tommasino, "La camorra del Pd ha ucciso mio fratello"

L’atto d’accusa al Tg1 del familiare del consigliere democratico Luigi Tommasino, ucciso nel 2009 a Castellammare di Stabia da un killer iscritto al partito: "Gigi aveva denunciato le infiltrazioni pure a livello nazionale. Il centrosinistra ci ha scaricato"

Omicidio Tommasino, 
"La camorra del Pd 
ha ucciso mio fratello"

Parla al Tg1 e attacca il Pd. «Mio fratello - so­stiene Giovanni Tommasino - è stato ucciso per­ché aveva denunciato le infiltrazioni nel partito della criminalità organizzata. Ma il partito lo ave­va ignorato. Lo aveva ignorato il Pd a livello pro­vinciale, a livello regionale, a livello nazionale». È una storia terribile quella di Luigi Tommasino, consigliere comunale del Pd a Castellammare di Stabia. Tommasino è in trincea per arginare l’avanzata del crimine organizzato nella sua ter­ra.

Ma la camorra non sta a guardare: il 3 febbraio 2009 mentre è alla guida della sua auto viene af­fiancato da uno scooter: partono tredici colpi e per lui è la fine. Il figlio Raffaele, 13 anni, seduto al suo fianco, resta per fortuna illeso. Chi ha ucciso il coraggioso politico? Qualche mese dopo, ecco la svolta. Inattesa. In­quietante. Viene arrestato uno dei killer: si chia­ma Catello Romano, ha 19 anni, ma soprattutto è iscritto, come la sua vittima, al Pd. E non finisce qui: il killer racconta di aver partecipato ad altri tre omicidi. Un curriculum criminale di tutto ri­spetto, ma anche il pedigree politico merita di es­sere registrato: Romano aveva partecipato alle pri­marie cittadine al posto numero 40 su 47 di una lista «riformista», una delle otto da cui sono stati pescati i cinquanta componenti del coordina­mento cittadino del Pd. Come è stato possibile questo cortocircuito di sangue? Ora, nelle ore in cui Romano va alla sbarra, Gio­vanni Tommasino, medico, concede una durissi­ma intervista al

E punta il dito contro la casa madre: «Gino aveva svelato le infiltrazioni della camorra nel partito. Al penultimo congresso, lui, lui che era stato segretario in città, aveva docu­mentato l’iscrizione di morti e delinquenti al Pd». Ma il partito, racconta Giovanni davanti alle te­lecamere, si era girato dall’altra parte: «Il Pd l’ave­va ignorato. Il Pd provinciale, il Pd regionale, il Pd nazionale.Avevano fattofinta di niente,anzi l’ave­vano richiamato perché aveva sollevato uno scan­dalo ». Uno scandalo che appannava l’immagine della giunta rossa guidata da Ersilia Salvato. Giovanni non fa sconti: «Mio fratello ha denun­ciato. Ha denunciato le anomalie nella privatizza­zione delle terme; ha denunciato gli abusi negli scandali di Stabia.

Ha denunciato tanto. Tanto. Tanto». Il risultato? Silenzio. Sempre e solo silenzio. Pri­ma della morte. E anche dopo. «Il Pd ci ha scarica­to- conclude Giovanni Tommasino- anzi, la mac­china del fango ripete che è morto per 30 mila eu­ro. È stato il Pd ad abbandonarci, la sua, la nostra stessa parte politica. Non il centrodestra, ma il centrosinistra». Quel centrosinistra che proprio in Campania e a Napoli vive un momento difficilissimo. La giun­ta Iervolino, che ha perso pezzi e consiglieri, è in agonia.

E le primarie sono state annullate perché al voto erano andati molti «cinesi democratici». Il partito è in crisi e Luigi De Magistris, l’ex pm del­­l’Italia dei valori, ha già aperto la campagna eletto­rale. Contro il Pd.

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