«È come se un incantesimo si fosse spezzato. Solo che adesso non sappiamo come gestire le schegge impazzite». Franco Rizzi, professore di Storia dellEuropa e del Mediterraneo, osserva la marea umana che spinge alle frontiere della Tunisia e della Libia. Laltra parte del Mediterraneo ha paura, si alzano ponti levatoi. «Ma nessuna barriera sarà capace di fermerà questondata. Sono loro le vittime di un sistema crollato a picco. E, come schegge impazzite, scappano, implorano aiuto». «Una rivoluzione etica, un cambiamento epocale», che muove masse, che crea emergenze da affrontare, come spiega Rizzi nel libro che uscirà a fine mese per Castelvecchi.
Come si può affrontare questa emergenza?
«LItalia purtroppo non ha molti mezzi per affrontarla da sola. In questo momento non ci sono barriere che possono scoraggiare questa gente, lemergenza è arrivata allapice, e andrà avanti ancora».
E allora che fare?
«Per fermarli occorrono risposte politiche, investire risorse nei loro Paesi dorigine. Le persone emigrano perché non hanno prospettive e orizzonti. Bisogna convincerli a tornare in Egitto, non in Europa».
Perché lItalia è stata lasciata sola?
«Semplicemente perché nessuno sa che pesci prendere. LUnione Europea e lOnu non sono attrezzate, non sanno come aiutare. LEuropa pensa al Mediterraneo in modo vecchio, con vecchi stereotipi. Per questo oggi tra loro cè il panico, sono confuse e spiazzate e aspettano che succeda qualcosa. Non erano pronti alla loro democrazia».
In che senso?
«Belli i discorsi sullesportazione della democrazia che fa lOccidente. Ebbene, questa gente non ha aspettato che arrivasse dallalto, ma ha lottato per ottenere dignità e diritti. La democrazia deve essere aiutata, protetta. E invece lEuropa si è girata dallaltra parte».
Un esempio concreto di quello che lUnione Europea potrebbe fare?
«Utilizzare qualche C130 per riportare gli egiziani che ora sono in Tunisia nel loro Paese».
E una volta là che prospettive avranno?
«Tornati nel loro Paese dare loro un orizzonte. Una vita degna».
Ma questo è un sogno.
«No, è il compimento della democrazia.
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