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«Operazioni costose? Se non obbedivamo rischiavamo il posto»

Più che un interrogatorio, a volte sembra un esame di laurea. E ieri Pierpaolo Brega Massone più che un imputato con una condanna sospesa sulla testa sembra uno studente secchione pronto a rispondere a qualunque domanda. L’ex primario di chirurgia toracica della Santa Rita sa che è adesso, con il suo interrogatorio in aula, che si gioca buona parte della sua sorte. Ma non si fa prendere dall’emozione, risponde punto su punto, difendendo il proprio operato. E punta il dito contro i vertici dell’ospedale.
Era la proprietà della Santa Rita - dice - a spingere perché si realizzassero gli interventi più redditizi. E chi non si adeguava perdeva il posto.
Brega - smilzo, la camicia chiara che fa risaltare ancora di più il pallore del carcere - sa di non essere un militare, di non potersela cavare dimostrando di avere eseguito gli ordini. Ma sa anche che è alla azione congiunta delle sue linee di difesa (uno, gli interventi erano tutti clinicamente giustificati; due, a premere sui medici per gli interventi più redditizi era la clinica) che sono affidate le sue non molte speranze di limitare i danni.
E così, ore e ore di interrogatorio, caso per caso, paziente per paziente, con le cartelle cliniche che scorrono sul megaschermo nell’aula del tribunale. Per ogni paziente operato. Brega cerca di dimostrare come la sua tecnica fosse quella giusta, «di interventi identici se ne fanno dappertutto, seicento all’istituto dei Tumori, cinquecento a Roma», eccetera. E se a questi pazienti l’intervento ha peggiorato la vita anziché migliorarla questo fa dolorosamente parte della statistica, «quando uno studio dice che una certa tecnica è efficace nell’ottanta per cento dei casi vuol dire che c’è un venti per cento che non guarisce o muore». I tre giudici sono tutte donne, e si può intuire che a loro queste storie di mammelle devastate dalle biopsie facciano particolarmente impressione. Ma si vede che cercano di capire.
Anche quando Brega parte all’attacco dei vertici della Santa Rita, ovvero del notaio Pipitone. «Dovunque, in qualunque mestiere, o uno vende, o può essere mandato via - spiega - purtroppo un conto è fare il primario in un posto pubblico e un conto farlo in un posto privato». E racconta: «Dal 2006 ci è stato effettivamente fatto un controllo su alcuni punti valutativi dell’operato delle varie chirurgie.

L’ho ritenuto un controllo abbastanza strano perché fatto da persone che non avevano cultura in merito». E aggiunge di essere stato convocato dai vertici della clinica che gli chiedevano di scegliere gli interventi più redditizi. «E se non avesse obbedito?», chiede il pm. «Il rapporto si sarebbe risolto».

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