Opere in prestito? Solo a certe condizioni

Esperti museali a confronto: mancano le linee-guida contro l’esportazione illecita. Costretti a far circolare i capolavori per risarcire i furti

Abili movimentatori o strenui difensori delle proprietà nazionali? Liberisti o accentratori? La diatriba è aperta nel mondo dell'arte. Partiamo da due dati, che solo apparentemente c'entrano poco l'uno con l'altro: nel corso del 2005 ci sono state circa 2.700 mostre nel Belpaese e 1.200 furti di opere d'arte. Il primo numero attesta un fenomeno: il grande circo delle mostre gode di ottima salute anzi, per citare le parole di Antonio Paolucci, soprintendente per il Polo museale di Firenze, «è una festa in cui si sta buttando tutta Europa, Est compreso». La festa, va da sé, si riferisce ai numeri, non alla qualità («Il sonno della ragione genera mostre», ha scritto più d'uno). Tra i buoni propositi sulla tutela delle diverse identità a livello europeo, è emerso un dato: sonno o veglia della ragione, sono le mostre a far circolare i beni culturali da un museo all'altro della Ue.
È giunto allora il momento di riflettere su una razionalizzazione (anche economica) di queste operazioni: anziché puntare solo sulle esposizioni (le cosiddette «mostre-evento», che in questi giorni dividono sulle pagine culturali detrattori e fautori), perché non pensare a un'Europa della cultura che permetta di scambiare temporaneamente anche i depositi dei musei dei Paesi membri? È ancora una volta un problema di mentalità: i liberisti e gli anti-liberisti di cui sopra. Come spiega Salvatore Italia, a capo del Dipartimento dei beni archivistici e librari del Ministero dei Beni culturali: «Da una parte vi sono i “Paesi-fonte”, come Italia, Spagna, Grecia e Portogallo, ricchi di opere d'arte e restii ai prestiti, dall'altra i “Paesi-mercato”, in primis l'Inghilterra, che si battono per la massima libertà del movimento dei beni». Mancano in Europa quelle che gli studiosi chiamano guidelines, linee guida valide per tutti, utili a creare una rete di musei europei che agiscano in modo conforme nell'accoglienza e nella tutela delle opere.
Peccato che sovente si caschi nell'illecito. È sufficiente fare due chiacchiere con Maurizio Fiorilli, dell'Avvocatura dello Stato, per capirlo. Fiorilli si occupa di recuperare ciò che del nostro patrimonio è andato illegalmente disperso: è l'uomo delle restituzioni. A volte usa l'arma dei tribunali, più spesso quella del buon senso: «Il nostro governo offre prestiti a lungo termine per ripagare i musei stranieri che hanno acquistato in buona fede oggetti che sono usciti illegalmente dall'Italia e che devono essere a noi restituiti», spiega. La normativa per il recupero è severa: servono prove certe dell'illecito compiuto e si deve agire in fretta, entro un anno da quando il bene rubato viene esposto in pubblico. Proprio in questi giorni l'Avvocatura dello Stato ha chiesto al Louvre di riavere una statuetta proveniente da scavi illeciti eseguiti nel sud Italia: il tutto, pare, si risolverà amichevolmente, ma non sempre le cose vanno così.
Per fermare la circolazione illecita dei beni culturali - e per favorire quella lecita - servono anche «scudo e spada», dicono gli studiosi. Sono le armi del generale Ugo Zottin, a capo del Comando Carabinieri Tutela del Patrimonio Culturale, che negli ultimi 35 anni si è occupato di 800mila oggetti rubati in Italia, 1.200 nel 2005. Ottomila le opere recuperate all'estero e 1.300 in Italia dall'inizio dell'attività del comando.

E se ci saranno a breve restituzioni eccellenti - entro il 2008 tornerà in Italia il famoso «vaso di Eufronio» del Metropolitan Museum di New York, clandestinamente sottratto e comprato dal museo in buona fede - in Austria i carabinieri hanno scovato lo scorso ottobre un ottantenne che ha intessuto per anni ottimi rapporti con tombaroli nostrani sino a costruire, a Linz, un vero e proprio museo illegale di reperti provenienti da Crustumerium, area archeologica nei pressi di Roma. «Operazione Mozart» l'hanno chiamata i carabinieri: a suo modo, geniale.

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