Ora Annozero lancia la gara ad arrampicarsi sulla gru

Emuli: dopo il servizio sugli egiziani in un cantiere di Bergamo scatta la mania della protesta "off limits"

Ieri mattina, a Milano, due operai di un’azienda metalmeccanica sono saliti su una gru, a 60 metri d’altezza, nel cantiere del nuovo Palazzo della Regione Lombardia. Un gesto clamoroso, di sicuro impatto mediatico, per chiedere che venisse loro pagata la cassa integrazione straordinaria in seguito al fallimento dell’impresa. Nel pomeriggio sono scesi dalla gru, con l’aiuto dei vigili del fuoco, dopo avere avuto la conferma che il Tribunale aveva firmato la documentazione necessaria per sbloccare la cassa per altri sei mesi. «Continuiamo a non avere più il lavoro - hanno detto i due operai - ma almeno abbiamo raccolto le briciole». Questa volta è andata bene. Ma la prossima?

La paura, infatti, è che ci sarà una prossima volta. E ci sarà non solo perché manifestare in modo estremo rimane spesso l’unico modo per difendere i propri diritti (reali o presunti), ma soprattutto per il devastante effetto emulazione che rischia di scatenare un servizio mandato in onda ad Annozero, una decina di giorni fa, nel quale un inviato della trasmissione di Santoro, Corrado Formigli, ha «documentato» la protesta clamorosa di due muratori egiziani saliti - guarda caso - sulla gru di un cantiere di Stezzano, Bergamo, e che grazie alla presenza delle telecamere sono riusciti infine a riavere i loro soldi. Un servizio terribile: sbagliato dal punto di vista giornalistico, perché da un singolo caso, montato in modo strumentale, si fa passare per ladro e razzista prima un piccolo imprenditore, poi la sua squadra di lavoro, poi un paese al completo, una provincia italiana, la Lega che lì raccoglie la maggioranza dei voti (che era il tema della trasmissione), un’intera regione...; un servizio scorretto dal punto di vista etico e deontologico, perché legittima l’idea che con una telecamera in mano si possa riprendere e mandare in onda di tutto, sostituendosi a polizia, magistratura, tribunali, e facendo giustizia in diretta; e pericolosissimo all’atto pratico, visto l’effetto a catena che può provocare e visto che a 60 metri d’altezza, rischiando la vita, ci salgano gli altri, non il giornalista, che se ne sta comodamente con i piedi per terra, e l’unica cosa che ha il coraggio di alzare è il tono dell’indignazione... Ma vada lui a lavorare in un cantiere.

Che il servizio di Corrado Formigli fosse vergognoso lo ha detto chiaramente Emilio Fede, ospite della trasmissione. Ora: Fede lo si può criticare a prescindere, ma è uno che di giornalismo, facendolo da 50 anni, qualcosa sa. E comunque non occorre essere direttore di un telegiornale per capire che appostarsi all’alba davanti a un cantiere, aspettando - dopo essere stati avvertiti - di riprendere due «scimmiette» addestrate arrampicarsi sulla gru, e continuare a filmare i disperati protagonisti dello show invece di dissuaderli, o tentare di fermarli, o di chiamare immediatamente la forza pubblica, per poi spacciare il tutto come uno scoop, non è giornalismo. Ma sciacallaggio.

È andata bene due volte, finora. Ma se qualcuno in futuro ci rimetterà la pelle, lo avrà sulla coscienza chi - in cambio di un punto in più di share - ha indotto la falsa convinzione che arrampicandosi senza protezione a 60 metri d’altezza, davanti alle telecamere, si può ottenere tutto.

Come ha commentato un muratore bergamasco, guardando prima con

compassione i due egiziani in cima alla gru, seminudi e in bilico, e poi l’inviato di Annozero, con la sua giacchetta di tweed che grida nel microfono tutta la sua indignazione contro questa Italia: «Quanta merda che c’è in giro».

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