Roma

Ora Chinatown prova a scalare il colle più alto

In via XXIV Maggio i primi avamposti del commercio cinese: souvenir dove c’era lo storico barbiere

Lucrezia R. Splendore

Chinatown allarga i suoi confini e lambisce il colle più alto. Protagonista di una velocissima conquista dell’Esquilino, la comunità cinese ora espatria dal rione conquistato da ormai un decennio ed esporta i suoi prodotti in via XXIV Maggio, la strada che conduce dritta al palazzo del Quirinale. Una strada prestigiosa, elegante, contrassegnata da pochi negozi, qualche albergo, tutti dallo stile austero, senza vetrine appariscenti o neon sparati. Ma da due mesi a questa parte l’eleganza della via è messa a dura prova: un negozio di souvenir al civico 52 gestito da un cinese, primo avamposto orientale nel rione del presidente della Repubblica, espone tutta la merce fuori dai battenti.
In un tripudio di colori, sventolano bandiere italiane, magliette della nazionale, canottiere, foulard, collanine, colossei e basiliche di San Pietro imprigionate in palle della neve, statuine variopinte della Pietà di Michelangelo. Non solo: gli espositori delle cartoline sono stati sistemati in mezzo al marciapiede, grucce attaccate alle cornici delle finestre per sostenere canottiere e grembiuli da cucina. E il cornicione dell’austero palazzo dell’Ottocento è bucherellato da chiodi ai quali uncinare questa fiera del kitsch. Insomma, non si tratta della solita paccottiglia tessile cinese comprata soltanto da cinesi, ma si tratta di prodotti italiani comprati dai turisti di passaggio. Una bella differenza, segno evidente che Chinatown vuole allargarsi oltre il consueto business. E dire che fino a pochi mesi fa, c’era qui Mario, il barbiere che per oltre 50 anni ha fatto barba e capelli ai residenti e commercianti del rione. Un artigiano discreto, che amava l’arte: una litografia di Dino Buzzati pendeva all’ingresso. «Me l’ha regalata proprio lui», raccontava, rifiutando sdegnato le offerte di acquisto.
Solo amarcord. Il barbiere è morto e con lui se ne sta andando anche l’ultimo pezzo di umanità in un rione che rischia di trasformarsi in una vetrina istituzionale della comunità cinese romana già di per sé molto forte. E comincia a montare la protesta: «È una vergogna - dice Marco F., residente della via -. Non si riesce a capire perché i vigili non siano ancora intervenuti per ripristinare un po’ di decoro e di ordine». Eppure, ci sono dei giorni in cui gli abitanti della strada e del rione sono addirittura penalizzati dalla presenza dell’illustre inquilino del Quirinale. A ogni visita istituzionale, infatti, le forze dell’ordine fanno sgomberare le file di macchine che costeggiano i due marciapiedi anche con due o tre giorni di anticipo. Una questione di sicurezza, certo, ma anche di decoro. Come quello che impedisce agli inquilini dei palazzi della via di stendere i panni o issare vessilli. «E che dire dei giardini davanti al Quirinale? - chiede sconsolata una mamma -. Sono ridotti a uno schifo. Le aiuole secche e piene di sterpaglie. I cestini dell’immondizia traboccanti di rifiuti. La fontanella soffocata dalle bottiglie di plastica. Sul prato, all’ombra dei secolari lecci, riposano spesso barboni». Come ora d’aria per i bambini non è proprio l’ideale.
In una situazione simile si trovano i giardini della seicentesca Villa Aldobrandini al Quirinale, la cui splendida terrazza domina Largo Magnanapoli e costeggia la Torre delle Milizie. Due dei tre padiglioni, che una volta ospitavano le aule della scuola media Principessa Jolanda, sono completamente abbandonati da più di dieci anni. «Il Comune di Roma – ci riferisce Roberta R. - ha più volte promesso di ristrutturarli e adibirli a servizi per le attività sociali e culturali del rione».
«Dalle finestre divelte si vedono cataste di banchi e di sedie, mura scrostate, sporcizia dappertutto», si lamenta Federico Paolini, un pensionato che ogni tanto porta la nipotina di 5 anni nei giardini della villa. «Sarebbe bello trasformare questi padiglioni in un ritrovo per anziani, oppure in una ludoteca per bambini. Qui al centro - s’immalinconisce - non ce ne sono affatto». Per il momento gli unici a godere di quel poco d’ombra sono i cani, che spesso scorrazzano senza guinzaglio e lasciano le loro «tracce» sul prato...
Una cosa è certa: il Palazzo del Quirinale più che a Piazza Monte Cavallo, antica denominazione della piazza, pare trovarsi...

in una stalla.

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