Ora però ci spieghino a che servono le gare se si sa già il vincitore

Ora però ci spieghino a che servono le gare se si sa già il vincitore

di Carlo Maria Lomartire

Se esistesse il premio Nobel per l’ipocrisia quest'anno andrebbe senz’altro assegnato ex aequo a due milanesi: Giuliano Pisapia e Bruno Tabacci, rispettivamente sindaco e superassessore al Bilancio del Comune. E non ci sarebbe gara, così come di fatto non c’è stata per l'asta, ipocritissima, con la quale Palazzo Marino ha messo in vendita il 29,75% di Sea, società che gestisce gli aeroporti milanesi. Un gara fortemente voluta, in alternativa al collocamento in Borsa, dai nostri due candidati al Nobel senza concorrenti. Così come, in realtà, non c’erano altri concorrenti per l'assegnazione di quella quota della Sea, «predestinata» al fondo F2i di Vito Gamberale, notoriamente in ottimi rapporti con Tabacci. Una predestinazione che, senza alcuno sforzo divinatorio e senza usare la palla di vetro, avevamo agevolmente previsto da tempo, e non solo noi.
La dimostrazione finale che la scelta era già stata fatta, che non sarebbero stati ammessi, di fatto, altri concorrenti e che la gara era una pura formalità l’ha data lo stesso Gamberale, offrendo un euro (sì, un euro!) di più della base d’asta di 385 milioni. Un’offerta che ha senso solo se si ha la certezza che non ce ne saranno altre. Ma anche una sfacciata provocazione, una manifestazione di arroganza, perché quel rilancio di un euro suona all’incirca così: «So per certo che vincerò io e voglio rendere evidente a tutti questa mia certezza».
É vero, un’offerta alternativa c’è stata, più alta, pare, di ben 40 milioni, da parte del gruppo finanziario indiano Srei, colosso specializzato in infrastrutture. Ma è stata precipitosamente esclusa per qualche minuto di ritardo nella presentazione, con le solite miserabili scuse tipiche della più ottusa burocrazia nostrana: «Attenda l’incaricato, compili il modulo…». E in meno di dieci minuti i milanesi perdono 40 milioni, dopo tante chiacchiere sui sacrifici, i tagli alle spese, il buco di bilancio.
E ora a Palazzo Marino sono tutti contenti: «Con quei soldi sistemeremo i conti e rispetteremo il patto di stabilità», gongola il direttore generale del Comune Davide Corritore, nella veste anche di presidente della commissione di aggiudicazione dell’asta. Già, ma con 40 milioni in più i conti si sistemavano molto meglio e qualcosa avanzava.
E poi, scusate, ma non era proprio in questo modo, cioè anche con la vendita di una quota della Sea, che la giunta precedente intendeva pareggiare il bilancio? Quindi il fantomatico «buco» se non c’è più con la strana coppia Tabacci-Pisapia non ci sarebbe stato neppure con la Moratti.


Imbarazzante, infine, la difesa d’ufficio della simil-asta fatta dai giornaloni supporter della giunta: il Corriere arriva a sostenere che da parte degli indiani c’era «nient’altro che una manifestazione d'interesse, non un’offerta», insinuando che in realtà si trattasse solo di una finta, anzi di una trappola ordita dall’opposizione. Insomma, la solita congiura.

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