Ora difendo Garrone e la sua rabbia

(...) anzi credo di avere una primogenitura genovese nella richiesta. Non che sia importante chi l’ha detto per primo e, anzi, trovo sempre patetico l’«io l’avevo detto», ma credo che sia importante esserci arrivati. Anche perché, come gli amici del Secolo XIX Giampiero Timossi e Claudio Paglieri, non è che ci divertissimo a chiedere l’allontanamento di Di Carlo o che lo volessimo cacciare perché non ci piaceva il suo accento ciociaro, perché le sue conferenze stampa del dopo-partita non sembravano destinate ad essere trascritte e distribuite dall’Accademia della Crusca o perché la chioma di Mimmo non è delle più fluenti. Insomma, non siamo seguaci di Icaro, lo strepitoso parrucchiere di Max Giusti che passa le giornate a prendersela con i pelati, in onda a Supermax su Radiodue tutti i giorni dalle 11 alle 12,30 (non c’entra nulla, ma se vi capita ascoltatelo, perché è una delle trasmissioni più belle dell’etere, una grande invenzione del direttore della seconda rete Rai Flavio Mucciante).
Anche perché, diciamolo pure, se l’unità di misura per valutare i tecnici blucerchiati fosse la capigliatura, non è che Cavasin è messo meglio di Di Carlo.
Quindi, ben venga l’esonero. Però le due domande sono obbligatorie. Primo: siamo sicuri che non sia troppo tardi? È chiarissimo che, a questo punto della stagione, nessun tecnico può dare un gioco a una squadra e che l’unica speranza blucerchiata è quella di rivitalizzare giocatori che magari, anche inconsciamente, giocavano senza dare il massimo. Soprattutto, c’è da sperare che Cavasin faccia alcune mosse minime indispensabili: accantonare Zauri, chiaramente inadeguato; capire che Palombo - che giustamente è andato a trovare in clinica - è utile, ma che un fuoriclasse è un’altra cosa, quindi non sopravvalutarlo; far giocare Martinez, ottimo difensore, che ha giocato bene ogni volta che è stato chiamato in causa, ma poi è stato messo in panchina; togliere dalla naftalina Macheda che, certo, nel derby è stato inguardabile, ma che è anche il più talentuoso della compagnia; far giocare sempre e comunque Guberti, l’unico che ci prova sempre (e che, conseguentemente, sbaglia molto); portare almeno in panchina uno come Obiang, soprattutto se Poli e Tissone sono infortunati. E si potrebbe continuare.
Seconda domanda: Cavasin è l’uomo giusto? Il nuovo allenatore sul sito internet usa il premio «panchina d’oro» come fosse un logo. Ma basterà? Non rischia di essere una di quelle medaglie da vecchia gloria? Anche perché la carriera successiva parla di panchina arrugginita: esonero nel 2003-2004 con la Fiorentina, esonero nel 2005-2006 con il Treviso, esonero nel 2007 con il Messina, esonero nel 2009-2010 con il Brescia, esonero con il Bellinzona in Svizzera dopo aver racimolato tre punti in dodici partite, non propriamente un curriculum d’oro.
Lo dico chiaramente: non mi fa paura Cavasin. Anzi, devo dire che nella prima conferenza stampa mi ha fatto una buona impressione, da persona educata e perbene, non arrogante e a tratti autoironico. Mi fa paura che la scelta di Cavasin sia stata fatta da uno come Doriano Tosi, che quest’anno ne ha azzeccate davvero poche, compresa l’esternazione di Udine in cui confermava la fiducia della Sampdoria a Di Carlo.
In questi mesi abbiamo sentito sciocchezze di tutti i tipi sul fatto che il Doria non è solito esonerare gli allenatori. Ottima cosa, ma siamo sicuri che valga sempre? Uno come Di Carlo era inadeguato da mesi, ci voleva tanto a capirlo? E, anche in passato, è stato tenuto per almeno una stagione e mezza più del necessario l’inguardabile Novellino degli ultimi tempi (non quello dei primi anni, positivo), mentre è stato pagato l’ingaggio per stare a casa a Mazzarri di cui molte cose si possono dire, ma non che non sia un ottimo allenatore, come dimostra tutta la sua carriera in panchina.
Insomma, tutto questo per dire che - a volte - a Genova si vive di luoghi comuni. E, purtroppo, c’è un ambiente che in questi luoghi comuni si crogiola, come un fiore di zucca con l’uovo passato nel pangrattato.
Uno dei luoghi comuni è l’attacco continuo al «comitato strategico» e al presidente Garrone. Che, intendiamoci, hanno molte colpe, a partire dalla permanenza di personaggi come Tosi e Di Carlo ai vertici blucerchiati o dalle lamentele per una serie di torti arbitrali o di sfortune, senza mai considerare i favori arbitrali o le fortune doriane, che pure ci sono state. Ma, fra le colpe, Garrone non ha quella della partenza di Cassano e Pazzini.
Su Cassano è stato detto di tutto e di più e ribadisco che, a mio parere, Duccio ha fatto una scelta di dignità. Impagabile. E su Pazzini le parole tanto contestate del presidente, ribadite ieri, a mio parere sono sacrosante: il «Pazzo» degli ultimi tempi blucerchiati era nullo. Poi, certo, forse poteva essere venduto meglio e certamente poteva essere permutato con un giocatore migliore di Biabiany, ma questa è un’altra storia.
E, soprattutto, con altrettanta franchezza, occorre dire che la Sampdoria di Di Carlo era inguardabile anche con Cassano e Pazzini in campo.
Poi, certo, so benissimo che è una tesi opinabile e provocatoria.

Poi, certo, so benissimo che è più facile dire che con Palombo in campo l’Italia avrebbe vinto i mondiali e scandalizzarsi perché l’hanno portato in Sudafrica senza fargli giocare nemmeno un minuto. Ma non sempre la cosa più facile da dire è la più giusta.

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