«Ora l’esproprio preventivo di case e barche»

Benvenuti nella Repubblica democratica dei Valori, libero Stato di polizia preventiva dove l’onere della prova è allegramente invertito: tocca agli innocenti dimostrare la propria innocenza, meglio se tra le mura di un carcere, se poi ci convincono li rilasciamo. Giustizialismo e mani pulite, garantisce Tonino. Un piccolo assaggio di un immaginario (e inquietante) governo Di Pietro è andato in onda ieri sera a Ballarò, tra le risa degli astanti, alleati compresi.
Si parlava di scudo fiscale e lotta all'evasione e il leader Idv ha prodotto lì per lì la sua proposta per incastrare i furbetti e far rientrare i capitali in patria. La riportiamo testualmente, anche se non ci si crederà: «Noi dell’Italia dei Valori preferiremmo che questi soldi non fossero condonati ma sequestrati, non solo il 5% ma pure l’altro 95%, tutti quanti, perché è un messaggio molto chiaro che bisogna mandare al Paese (prime risatine in studio, ndr). Non è difficile farlo, te lo faccio io un esempio molto facile. Lei ha visto quante barche ci sono? (rivolto a Floris, risate più forti in studio, ndr). A ognuna di quelle barche là, che sono italiane e parlano italiano, io la sequestro la barca! Poi vieni a spiegarmi dove li hai presi i soldi, sennò me la tengo io la barca. E così lo faccio con la casa, così lo faccio con la macchina e con l’altro!». Sgomento del costituzionalista anti-Berlusconi Stefano Rodotà, quello dell'appello di Repubblica, imbarazzo del povero Piero Fassino, ilarità diffusa nella platea di Ballarò, non certo filoberlusconiana. Ma è così, nella Repubblica di Tonino la proprietà privata può essere abolita o confiscata, salvo adeguate spiegazioni al maresciallo di turno. È lo stile che il suo alter ego Luigi De Magistris, eurodeputato e possibile candidato dell'Idv in qualche regione del Sud (Di Pietro insiste, lui nicchia) ha già dimostrato come pm in Basilicata, sequestrando preventivamente cantieri e fabbriche sulla base di sospetti tutti da dimostrare, e mandando in rovina famiglie e imprese che ora animano l’«Associazione vittime di De Magistris». Il dicastero dipietrista della Giustizia potrebbe inventare nuovi reati (e quindi nuovi imputati), come quelli promossi dal leader qualche anno fa: «In un Paese che si rispetti Berlusconi dovrebbe essere processato per oltraggio agli italiani e attentato alla credulità». Ma questo solo per accennare alle grandi riforme del codice penale che un governo Di Pietro-De Magistris potrebbe varare. Magari con l’aiuto del Fatto di Travaglio e Co, anche se Di Pietro nega parentele: «Il Fatto giornale di riferimento di Idv? Magari, ma non è vero».
Dunque immaginiamo, tenendoci ben saldi alla sedia, l’esecutivo dei Valori: Di Pietro premier, De Magistris degno ministro della Giustizia. E le politiche sull’immigrazione? Qui, ma come al solito, Di Pietro negli anni ha oscillato come un dondolo tra posizioni incompatibili. Ne ricorderemo una che ha fatto storia, quella che prevedeva «il taglio degli attributi» per gli immigrati che delinquono. Nell’ideologia da secondini del governo Di Pietro le intercettazioni sono senza limiti e senza limiti possono finire sui giornali, in una gogna permanente. Sentiamolo, il futuro premier (per chi ci crede): «Le intercettazioni stanno all’attività giudiziaria come il bisturi alla sala operatoria. Io sono contrario alla loro limitazione e sono anche convinto che debbano essere pubblicate».

Sul conflitto di interessi avrebbe la bozza già pronta: «Andrebbe risolto in un modo oserei dire biblico: chi va a fare politica deve togliersi tutti gli altri abiti ed indossare solo l’abito talare della politica». Quello che il suo alter ego De Magistris porta ancora sopra la toga da magistrato, dimissionario immaginario.

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