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Ora nel «grande gioco» è entrata anche la Cina

da Milano

Forse l’ad dell’Eni, Paolo Scaroni, avrebbe dovuto dedicare personalmente più tempo alla questione kazaka. E la visita del manager ad Astana è stata più che opportuna, ma avrebbe potuto essere fatta prima. Fonti moscovite esprimono infatti preoccupazione per come si stanno muovendo le cose in Asia centrale e persino la stessa Gazprom guarda con apprensione alle mosse di Astana. Il presidente kazako, Nursultan Nazarbaev, si è recentemente permesso di fare la predica in pubblico al presidente russo Vladimir Putin, dicendogli che doveva fare come lui: prendersi la presidenza a vita e non pensarci più.
Il quotidiano economico russo Kommersant, molto vicino al gruppo Gazprom, scrive che il gruppo energetico russo teme che la politica di Astana metta a rischio i programmi di forniture all’Europa. «La Cina è troppo vicina», ha detto al Giornale una fonte moscovita e Pechino sta seriamente minacciando non solo i progetti russi, ma anche quelli dell’Eni. Sempre le stesse fonti fanno notare che ad agosto, mentre Scaroni era a Cortina, il premier cinese era ad Astana per firmare due importanti accordi che aprivano a Pechino l’accesso al gas e al petrolio kazako attraverso gasdotti e oleodotti. E il premier kazako Karim Masimov ha così una carta in più da giocare.
Ed è forse qui la chiave di lettura della vicenda: Pechino vuole essere protagonista nelle vicende dell’Asia centrale e sta puntando le sue carte per portare via spazio a russi, europei e americani. Sono proprio i due gasdotti in progetto ad avere suonato l’ultimo allarme presso i vertici Gazprom: la minaccia che gas e petrolio prendano la strada della Cina e non quella russa ha una valenza importante pure sul piano politico perchè toglierebbe peso a Mosca come passaggio quasi obbligato dell’energia verso l’Occidente. Anche se esiste l’alternativa di far passare gas e petrolio attraverso l’Azerbaijan e la Turchia verso il Mediterraneo.
Insomma, l’Asia Centrale è tornata a essere al centro del «Grande gioco» che una volta vedeva come protagonisti russi e inglesi che si affrontavano per il suo controllo. Oggi in palio ci sono gas e petrolio, ma non sono cambiati i piccoli despoti che, come allora, fanno il bello e il brutto tempo nella regione.

A complicare il quadro sono però scesi in campo nuovi attori: invece degli inglesi ci sono le compagnie europee e americane. E in più c’è quella Cina «troppo vicina». Mentre l’orso russo resta sempre lì, poco disposto a farsi soffiare una ricchezza che fino alla caduta dell’impero sovietico era soltanto sua.

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