Lo Statuto delle imprese, con un voto bipartisan alla Camera giovedì scorso, è diventato legge. Le micro, piccole e medie aziende (Mpmi) saranno più tutelate dinanzi a una Pubblica amministrazione spesso ostile. Raffello Vignali, deputato Pdl estensore del provvedimento ed ex presidente della Compagnia delle Opere, illustra così il cambio di passo.
Onorevole Vignali, qual è il principale cambiamento introdotto dallo Statuto?
«Sui pagamenti tempi certi. La legge stabilisce un termine di 30 giorni per i pagamenti delle Pubbliche amministrazioni e di 60 giorni per quelli tra privati. Se le imprese non pagano i fornitori, scatta la penale dell’8 per cento».
Si allargherà anche il potere dell’Antitrust sulle grandi imprese che non pagano i fornitori.
«Si configurerà l’abuso di posizione dominante. Blocchiamo il malcostume dilagante in base al quale alcuni dirigenti ricevevano premi perché pagavano in ritardo. È un cappio al collo delle Mpmi: senza liquidità manca l’ossigeno».
E le astruserie della Pubblica amministrazione?
«La valutazione preventiva degli oneri con l’obbligo di compensazione è una conquista importante: oggi le piccole e medie imprese perdono molto tempo per assolvere a obblighi inutili. Adesso i controlli saranno effettuati in base a quanto è già pubblicato sui Rea (repertorio delle notizie economiche e amministrative) delle Camere di Commercio e questo limiterà la discrezionalità delle amministrazioni pubbliche. Non sarà più necessario presentare certificati di laurea e di iscrizione agli ordini professionali di ingegneri».
Anche per gli appalti si cambia.
«Si potranno frazionare in modo da far partecipare anche le piccole imprese locali in associazione temporanea. Molto spesso si fanno appalti di grande importo per favorire i grandi gruppi, ora i piccoli avranno più possibilità».
Più tutele e opportunità?
«Si inverte la prospettiva dell’avvocato Agnelli secondo cui quello che andava bene per la Fiat va bene per l’Italia, ora si adotterà il punto di vista delle piccole e piccolissime che rappresentano oltre il 90% del tessuto imprenditoriale».
Si vedrà maggiore attenzione anche da parte della politica?
«Sarà istituito un garante per le Mpmi e ogni anno una sessione parlamentare sarà dedicata alle piccole imprese così come già avviene per gli adempimenti comunitari. Insomma, non si partirà più dal sospetto che chi fa impresa sia un potenziale evasore, sfruttatore e inquinatore».
Non c’è un rischio di sovrapposizione tra vecchie e nuove normative? Molte novità spesso restano lettera morta...
«Il rischio c’è, ma bisogna ricordare che per la prima volta le associazioni di imprese potranno rivolgersi al Tar ricorrendo contro provvedimenti amministrativi che ritengono ingiustificati e onerosi».
Fuori dallo Statuto sono rimaste due norme. La prima è la possibilità di fattorizzare i crediti con la Pubblica amministrazione.
«Nel decreto sviluppo è prevista la certificazione dei crediti che consente il factoring. Nello Statuto la Ragioneria ha escluso la possibilità di compensare debiti e crediti. Lo Stato non può pretendere tasse e non pagare i debiti. Comunque, quelle le raccomandazioni dello Small business act europeo oggi in Italia sono obblighi di legge».
E la riduzione dei collegi sindacali per srl e spa?
«È un costo inutile, le piccole srl hanno già il commercialista. A parte le società quotate, in molti casi un revisore può bastare. Dobbiamo tagliare obblighi inutili come anche il capitale sociale: 10mila euro per chi vuole costruire macchinari sono pochi, ma possono essere troppi per dei ragazzi che vogliono sviluppare applicazioni per telefonini e pc».
A chi dice che è
«Le norme di principio non sono inutili. I piccoli non vogliono soldi ma vogliono che lo Stato, quando corrono, non faccia loro lo sgambetto bensì il tifo a bordo pista».
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