MA ORA LA RADIO NON IMITI LA TV

Si fa un gran parlare della «radio che si vede in tivù», ovvero del fatto che sempre più spesso i programmi radiofonici che vanno per la maggiore possono contare su una crescente visibilità televisiva. Capita di vedere, ad esempio, spezzoni significativi del consolidatissimo e divertente Viva Radio2 di Fiorello mandati in onda dai tiggì in particolari occasioni, o ripresi da Raisat, così come è possibile assistere integralmente su All Music al programma di Linus Deejay chiama Italia, tanto per parlare dei casi più significativi. La radio «che si vede in tivù» è una conquista recente, diretta conseguenza del bel momento che sta vivendo la programmazione radiofonica, che rispetto al passato può ora approfittare della crisi stagnante della televisione per acquisire un nuovo pubblico sempre più deluso dal video. Nel confronto la radio risulta spesso vincente per vivacità, allegria, libertà espressiva, capacità di accogliere un ragionamento compiuto senza la frenesia propria di tanta brutta televisione. Intervistato da Tv Talk (sabato su Raitre, ore 7,30) sul fenomeno della visibilità televisiva della radio, Fiorello ha ricordato che in un programma radiofonico ci si può permettere una libertà impensabile in tivù, e anche per questo accadono episodi, momenti, situazioni di particolare brillantezza che poi finiscono inevitabilmente ripresi e rilanciati dal mezzo televisivo. Alcuni telespettatori, intervenuti al forum di Tv Talk, hanno poi messo in rilievo altri punti di forza della radio, come la necessità di dover curare la scrittura, i testi, la sostanza, non potendo contare sulla forza magnetica dell’immagine. Sul fatto che la radio finisca sempre più spesso in televisione, tuttavia, avremmo qualche piccola riserva relativa soprattutto alle conseguenze future, facilmente immaginabili se l’abitudine prendesse piede e diventasse di routine. Non vorremmo insomma che si assistesse, a poco a poco, alla perdita di identità della radio intenta a cercare la legittimazione televisiva, con conseguente snaturamento delle caratteristiche di spontaneità e freschezza che conferiscono il valore aggiunto della messa in onda radiofonica rispetto a buona parte di quella televisiva. Peccato davvero se la radio, sapendo di essere «vista», cominciasse a scimmiottare il peggio delle abitudini televisive, adeguandovisi.

Il decadimento avrà inizio il giorno in cui si noterà che il conduttore o il dj radiofonico entrerà in studio con un vestito firmato, guardandosi intorno con aria preoccupata per verificare l'eventuale presenza di una telecamera, e prima di parlare al microfono gli scapperà di porgere il profilo migliore e di chiedere al regista, all’occorrenza, se deve guardare verso la numero 1, la 2 o la 3.

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