Ora spunta un secondo filmato «Ho visto mazzette da 500 euro»

Massimo Malpica

RomaC’è un giallo nel giallo del videoricatto a Marrazzo. Esistono più filmati, o più versioni del filmato? E quello in possesso della procura è il video integrale o solo uno spezzone? E che ne è dell’integrale, che ancora ieri veniva cercato a casa di uno dei trans? Nella storia si imbattono marginalmente gli uomini del Ros che indagano sul tentativo di vendita del filmato da parte dei carabinieri arrestati. Il primo settembre Giangavino Sulas, invitato di punta del settimanale della Rcs Oggi, viene avvisato dal direttore di correre a Roma per visionare un video su una nota personalità, segnalato dall’agenzia Photo Masi, quella del servizio fotografico sull’ex portavoce di Prodi, Silvio Sircana. I «venditori» sono disposti a mostrarlo solo nella capitale. L’appuntamento è a Prati, tra piazza Mazzini e piazzale Clodio. Il due settembre, Sulas arriva al rendez-vous, dove c’è un uomo che fa da mediatore (forse il fotografo Scarfone) e che accompagna il giornalista in un ristorante, dove lo aspettano due dei carabinieri ora agli arresti. I due non rivelano di far parte dell’Arma, ma il mediatore fa capire all’inviato la reale professione dei suoi interlocutori. Dopo pranzo il gruppo sale su un’auto. Uno dei due carabinieri cerca di bendare Sulas, che si ribella. Ma l’uomo insiste. Il giornalista a quel punto sbotta: «Se le cose stanno così - taglia corto - lasciamo proprio perdere». I «venditori» rinunciano a incappucciare Sulas, ma prendono strade contorte per confondere l’inviato di Oggi. Che però riconosce piazzale Clodio, e la panoramica che porta a Monte Mario. L’autista passa da via Fani, supera via Gradoli e parcheggia in una strada alle spalle della strada dove abita il trans Natalì. Gli uomini in auto chiedono a Sulas di scendere e suonare un campanello. Pochi secondi e nella calda giornata romana appare un uomo in pantaloni corti e infradito che gli fa cenno di seguirlo. È un altro dei carabinieri poi arrestati. Fa entrare il giornalista in casa. C’è un pc acceso. Parte il filmato, privo di audio. C’è Piero Marrazzo che indossa solo un camicione bianco, il governatore è sempre inquadrato mentre si appoggia agli stipiti delle porte, come se avesse bisogno di sorreggersi. Poi la ripresa indugia su un particolare che nel video acquisito dal Ros non c’è. «La cosa che più mi ha colpito - dice Sulas interpellato dal Giornale - sono state delle fascette piene di banconote da 500 euro. Mazzette belle alte, mi ricordo bene del valore perché erano viola». Il video prosegue, la scena seguente è quella già nota, le strisce di polvere bianca e il tesserino di Marrazzo. Si vedono due stanze: la camera con il letto in ferro battuto e la cucina. A Sulas il carabiniere in infradito mostra anche un fermo immagine dell’ammiraglia Lancia, spiega che si tratta dell’auto di servizio di Marrazzo, dice che è un habitué, ma il giornalista ribatte: potrebbe essere stata scattata ovunque. Poi l’inviato - che per gli inquirenti si è comportato in modo ineccepibile - chiede di fare una perizia sul video e di parlare con il trans co-protagonista del filmato, per accertarne la veridicità. Il carabiniere, che rifiuta di dire chi ha girato il video, non è d’accordo.

Alla fine però cede: si può fare. Senza aver mai parlato di cifre, Sulas esce di casa, saluta gli altri, prende un taxi e vola a Milano. Ma il direttore, dopo 24 ore, decide di non andare oltre in una trattativa che non lo convinceva.

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