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«Ora stanno copiando i terroristi iracheni»

Il comandante della Nato in Afghanistan: «È un assalto contro il processo democratico in questo Paese. Cercano visibilità»

Il generale Mauro Del Vecchio, comandate della Nato in Afghanistan, a quasi sessant’anni è ancora un soldato di prima linea. Subito dopo la notizia dell’attentato kamikaze contro la base italiana è volato a Herat per stare in mezzo ai suoi uomini, sia italiani che spagnoli.
Come ha trovato il morale dei nostri soldati?
«Molto buono perché sono dei professionisti attaccati alla missione assegnata. Il fatto ha la sua gravità ma si tratta di soldati maturi pronti ad assolvere i loro compiti anche in questi momenti delicati. In questo genere di operazioni di sostegno alla pace ed ai governi democratici, non ci si può attendere che siano sempre rose e fiori».
I terroristi vogliono colpire i Prt perché sono più incisivi nella rinascita dell’Afghanistan?
«Il Prt è una formula nuova in questo genere di operazioni, che riflette l’impegno della comunità internazionale a favore del popolo afghano. Gli attacchi non sono stati rivolti solo nei confronti dei Prt. Direi che si tratta di azioni di organizzazioni disperate che cercano in questa maniera di ostacolare un processo ineluttabile verso la democrazia».
Teme un’espansione del terrorismo ad ovest, una zona relativamente tranquilla?
«Nei nove mesi del mio comando sono stati due gli incidenti di grosso impatto contro le forze Isaf a Herat. L’autobomba del 20 dicembre ai danni di un nostro convoglio e quest’ultimo. Non penso che vadano enfatizzati».
Come in dicembre il kamikaze sembra aver fallito l’obiettivo di una grossa strage. Sono terroristi fai da te?
«Il presupposto è che in Afghanistan l’opposizione non ha la capacità, la tecnica, i mezzi per ottenere dei risultati più gravi. A questo va aggiunta la particolare attenzione da parte delle forze internazionali».
Mercoledì scorso sono scoppiate cinque bombe a Herat, ma non contro obiettivi italiani. Esiste un collegamento?
«In Afghanistan c’è il problema delle forze di opposizione, ma pure della criminalità comune e dei narcotrafficanti. Le bombe dell’altra sera e l’attacco di oggi (ieri per chi legge, nda) sono legati a due motivazioni diverse».
Però è indubbio che negli ultimi mesi i resti dei talebani e di Al Qaida abbiano lanciato una vera e propria offensiva kamikaze.
«Chi si oppone al processo democratico cerca di individuare i mezzi più efficaci per ottenere i suoi obiettivi. Guardandosi in giro per il mondo hanno individuato questa forma di attacco che è molto più eclatante agli occhi della comunità internazionale».
Sta dicendo che copiano dall’Irak?
«Sì, credo senz’altro che copino dall’Irak una forma d’attacco che ha un suo impatto anche mediatico».
Siamo alla vigilia di elezioni cruciali in Italia. Pensa che ci sia un collegamento con il voto?
«Mi sento di escludere questa possibilità alla luce di fatti obiettivi. Se è vera la rivendicazione si parla sostanzialmente di un attacco contro le forze di Isaf (la missione Nato in Afghanistan con soldati di 36 nazioni, nda). Non si fa riferimento al contingente o al Prt italiano.

Credo che non ci sia alcuna attinenza fra questo attacco e la situazione politica nel nostro Paese».

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