Breve nota sulle stravaganze del piccolo mondo antiquato della politica. Soltanto una settimana fa, quando l’annunciata manovra tremontiana era contenuta in una quarantina di miliardi, ci fu una reazione indignata dell’intera opposizione e di mezza maggioranza. Come mai? Era considerata troppo pesante e concentrata nel 2014, cioè a legislatura scaduta (e quindi tale da strangolare il governo che verrà). Adesso che quei 40 miliardi,strada facendo,sono saliti a 80,guarda un po’ i casi della vita, sono tutti d’accordo che bisogna approvarla subito, oggi stesso, altrimenti si corre il rischio di essere stritolati nelle fauci degli speculatori.
Che cosa ha provocato un cambiamento di opinione tanto radicale e repentino? I politici si sono accorti che il problema dei problemi è il debito pubblico, che incoraggia i suddetti speculatori (sarebbe interessante sapere chi siano, che faccia abbiano) a fare a pezzi il nostro Paese, distruggendone la finanza. Di conseguenza bisogna dimostrare ai mercati di avere i conti a posto, in modo che lo Stato italiano sia solvente, quindi affidabile e inattaccabile. Però, che intuizione hanno avuto i partiti: hanno scoperto adesso, dopo quarant’anni di incosciente gestione della spesa, che per non fallire occorre austerità.
Meglio tardi che mai. Finalmente i due
schieramenti, per fronteggiare l’emergenza, hanno deciso di
sospendere le ostilità,e l’approvazione di quella che un tempo sarebbe
stata definita «stangata» avverrà senza intoppi, senza che la
minoranza crei ostacoli. L’invito alla concordia (provvisoria) è
piovuto dal Colle ed è stato accolto. Meglio così. Ma dopo? Sarà di
nuovo rissa per il solito motivo: Silvio Berlusconi se ne deve andare
perché la colpa dei casini è esclusivamente sua. Scusate, ma se il
premier togliesse le tende, il debito pubblico sparirebbe di colpo?
Forse vi sfugge che l’indebitamento c’era già nel 1992 e c’era già nel 1982 e anche prima?C’era
nonostante non mancassero lo sviluppo e la crescita, ora invocati come
una panacea, perché da mezzo secolo spendiamo più soldi di quanti ne
incassiamo; e perché una serie di governi incapaci ha badato solo a
distribuire risorse trascurando di procurarsele. Un controsenso. Che
tuttavia non è ancora stato avvertito come tale.
Infatti qualcuno - molti - è convinto che le leggi
finanziarie (o manovre o stangate) non siano soltanto tamponi idonei
ad arginare il deficit di un esercizio, ma servano a rilanciare
l’economia da cui trarre soldi per pareggiare il bilancio. Pia
illusione.
Negli anni Cinquanta e Sessanta, il Pil volava
agli odierni livelli cinesi non grazie alla politica, ma nonostante la
politica. Diciamo che la Democrazia cristiana dell’epoca ebbe un grande
e unico merito: quello di non intralciare gli imprenditori e di non
frustrare la voglia di lavorare degli italiani. Stop. Niente altro. Il
famoso boom, mai sufficientemente rimpianto, fu opera della gente, non
dei suoi rappresentanti eletti, i quali si limitarono a non ingessare
il sistema con regole rigide ed economicamente liberticide.
Dal 1970 in poi è stato declino. Perché il Paese
si è intorcinato in una spirale di spese folli per darsi un welfare
fuori dalla sua portata. Sperare ora di far ripartire a mille la
macchina produttiva con una manovra fiscale, anziché con la
deregulation, e col taglio delle spese sociali, che sono poi sperperi, è
una ingenuità da boy scout.Immagino l’obiezione del lettore: perché
allora il governo non affonda ilbisturi dove è necessario per estirpare
il cancro che divora miliardi e miliardi di debito, immancabilmente
compensati dall’inasprimento delle imposte? Risposta banale ma
esaustiva: domina in tutti gli esecutivi il terrore che, indebolendo il
welfare, scoppi la protesta e crolli il consenso per i partiti di
maggioranza.
Non parliamo poi della rivoluzione liberale. Non
può nemmeno iniziare, figuriamoci se può compiersi. Giusto un paio di
giorni or sono, si è provato a sfiorare gli ordini professionali (enti
inutili, una palla al piede) e immediatamente sono insorti gli avvocati,
di cui è pieno il Parlamento, e addio riforma, addio abolizione dei
lucchetti che impediscono l’accesso dei giovani alle professioni.
Siamo contro le corporazioni medievali, e desideriamo abolirle, ma a patto che
non si cominci dalla nostra. Meglio colpire i privilegi degli altri. Finché la mentalità sarà questa, chiunque governi dovrà rinunciare a farlo per non scontentare nessuno. E così scontenterà tutti di nuovo.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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