Dopo Wikileaks, salvo nuove rivelazioni, Israele guarda e annuisce contento: il mondo arabo ha molta più paura dell’Iran di quanta ne abbia Israele, e non fa che chiedere agli americani di porre fine alla minaccia degli Ayatollah con qualsiasi mezzo. Il primo ministro Bibi Netanyahu ha persino commentato: «Se i leader dicessero la verità su chi è il loro peggiore nemico, invece che ripetere il solito ritornello anti-israeliano, la pace si potrebbe fare molto in fretta». Ahmadinejad ha a sua volta fatto sapere che per lui quelle dichiarazioni non contano nulla. Eppure, che tempismo, sembra aver ispirato una dichiarazione del suo ospite a Teheran Sa’ad Hariri, premier libanese, che ha dichiarato di corsa che non si unisce a nessun rifiuto del progetto atomico del suo amico.
Si sapeva, certo, che i cosiddetti Paesi arabi moderati sono preoccupati dell’aggressività dell’Iran fino a programmare la costruzione in proprio di strutture nucleari contro quelle di Ahmadinejad. Ma la cosa era stata sempre sussurrata, rimanendo legati a una certa fedeltà panislamica, per non urtare il proprio pubblico estremista e antiamericano. Ma adesso, mentre Meir Dagan, capo del Mossad, risulta aver suggerito di abbattere gli Ayatollah finanziando le opposizioni curde e dei baluci, gli arabi, secondo ciò che Wikileaks rovescia nei nostri computer, hanno proprio gridato dagli spalti: «diamogli giù», chiedendo agli americani di abbattere il regime. Insomma, hanno chiesto agli Usa un atteggiamento molto più aggressivo di quello che Israele abbia mai suggerito. Persino Ehud Barak ha semmai suggerito nel 2009 che c’erano solo 18 mesi per bloccare l’Iran. Tempo scaduto.
Imbarazzante? Parecchio per il mondo islamico, e infatti la stampa e le tv dei Paesi arabi ieri si sono tenuti bassi su Wikileaks, salvo il regime palestinese che ha negato che Israele abbia intrapreso la guerra di Gaza dopo averne informato Abu Mazen e il Cairo.
I re e i rais invece non smentiscono le voci sull’Iran. E sono tante: il re saudita Abdullah ha «frequentemente esortato gli USA ad attaccare l’Iran così da metter fine a al suo programma nucleare» e da «tagliare la testa del serpente».
Il re Hamad del Bahrain, Paese a maggioranza sciita, in una riunione del Centcom, il comando centrale americano responsabile del Medio Oriente, ha chiesto direttamente al generale David Petraeus che si agisca per «porre fine» («terminate» in Inglese) al programma nucleare iraniano. La Giordania ha detto che la forza nucleare dell’Iran può mettere in mano alla Fratellanza Mussulmana un ombrello per qualsiasi azione violenta e quindi conviene farla finita. Gli egiziani hanno menzionato l’ombrello iraniano di Hezbollah nel suo piano eversivo per colpire l’Egitto stesso. Anche Hamas è citata come forza pericolosa dipendente dall’iraniano. Insomma, tutto quello che Israele ripete sempre; e anche se il primo ministro israeliano si è beccato da Mubarak un «charming e intelligente, ma non mantiene le promesse», anche se Dagan ha definito «noioso» il re del Qatar e ha affermato che «il re del Marocco non ha voglia di governare» pure Israele esce dalla vicenda di Wikileaks, almeno per ora, senza macchia seria, con un certificato di moderazione, e soprattutto con un timbro di credibilità: fino ad oggi, se lo diceva solo Israele che il leader iraniano è un nuovo Hitler e che la bomba atomica è quasi pronta, si trovavano parecchi pronti a fare spallucce. Oggi si è appresso che Hitler è il soprannome di Ahmadinejad presso un gran numero di diplomatici. Che la bomba sia vicina lo testimonia un’ansia generalizzata che possiamo senz’altro immaginare ispirata da informazioni selezionate.
La certificazione della mobilitazione panaraba sull’Iran diventerà più esplicita oppure, per la foga di negarla, i re e i rais metteranno in scena le solite intemerate antisraeliane? La marea mediatica elettronica getterà una luce di verità nei rapporti fra Paesi musulmani e fra loro e il resto del mondo? Si ripete a pappagallo, sempre, che il peggiore nemico degli arabi è Israele, che il maggior problema è la questione palestinese. Invece è l’Iran; lo sapevamo, ma non sapevamo che lo pensa chi parlando con gli americani non maledice Netanyahu, ma Ahmadinejad.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.