Orchestrali strapagati? No, i conti sballano per l’assenteismo cronico

Orchestrali strapagati? No, i conti sballano per l’assenteismo cronico

Non sparate sul pianista... accompagnatore. Né tantomeno su spalla, concertino e, come si suol dire, su compagnia cantante. Perché allora tanto vale andare al Conservatorio, ne abbiamo uno pregevole qui a Genova, e inneggiando ad Erode fare strage di musicisti in erba, futuri artisti di teatro, alias, nell'insana opinione corrente, mangiasoldi a ufo. Ma proprio qui sta l'errore. Non fa affatto scandalo che un primo violino prenda quasi tremila euro al mese, ci mancherebbe. Si sa cosa c'è dietro ad una professione del genere? Sette (se scegli uno strumento a fiato), o addirittura dieci anni (se ti dedichi ad un arco) di studi prima del diploma (adesso laurea di primo livello), frequentazione parallela di una scuola superiore, a volte pure di una facoltà universitaria, costosissimi corsi di perfezionamento pre e post laurea, audizioni, fatica, costanza e dedizione. Più lo strumento, che per un professionista può arrivare a costare anche decine di migliaia di euro, con mutui che non hanno nulla da invidiare, in proporzione, a quelli per un attico vista mare. Quindi il punto non è lo stipendio degli orchestrali, nella fattispecie di quelli del Carlo Felice, come sta venendo fuori negli ultimi giorni. Non sono questi i tanto deprecati privilegi che hanno minato la salute del nostro teatro dell'opera, perché le cifre sono più che legittime, anche solo per il livello artistico degli orchestrali genovesi: diamo a Cesare ciò che è di Cesare e diciamolo, la nostra orchestra è fatta, anche, di tanti ottimi professionisti che potrebbero, a livello di preparazione, sedere nelle file dei più prestigiosi ensemble del mondo. Andiamo piuttosto a vedere perché suonano meglio con alcuni direttori piuttosto che con altri, perché spesso rendono poco, perché ad ogni concerto dietro agli ultimi leggii spunta sempre (almeno) una faccia nuova: non ci vuole un particolare osservatore, basta andare regolarmente ai concerti sinfonici, quando l'orchestra è in formazione completa sotto le luci del palco. Allora qui cominciano le stecche. Perché, se il teatro dispone di una valida e nutrita massa orchestrale, deve ricorrere a costosi professionisti esterni? E non si parla di eventi particolari, tipo la Sinfonia dei Mille di Mahler, per esempio, ma di concerti perfettamente «dimensionati».

Allora dove sono i musicisti ufficiali? Sempre qualcuno ammalato? O forse si continua a litigare l'un con l'altro, in questa perenne battaglia sindacale che tutto appoggia fuorché un prezioso rilancio artistico del teatro? Con il risultato che senza controlli tanti si scrivono il proprio spartito quotidiano, con lavoro «molto moderato», altri seguono «con fuoco» pochi capi trascinatori; l'orchestra formata di elementi sempre diversi non trova l'affiatamento necessario e al teatro tocca affrontare pesanti spese aggiuntive, con una «coda» di indebitamento sempre maggiore. E con risultati artistici di dubbio valore.

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