Ore 11, l’Italia dà l’ultimo addio ai suoi 290 figli

Un’interminabile distesa di bare, tutte allineate su quattro tappeti rossi, le piccole e bianche dei bimbi appoggiate su quelle dei genitori; come quella di Antonio, cinque mesi, adagiata su quella della mamma Darinca. Venti i piccoli feretri, ciascuno accompagnato da un giocattolo, un fiore, il nome. Da un lato l’altare, dall’altro la folla distrutta e composta, dappertutto sgomento. Il piazzale della caserma della Guardia di Finanza a Coppito dell’Aquila, trasformato in una surreale chiesa a cielo aperto, è stato teatro dell’addio dell’Abruzzo alla sua gente. E tutto il Paese alle 11 di ieri mattina si è fermato in segno di rispetto per i familiari dei morti che in quel piazzale salutavano per l’ultima volta genitori, figli, nipoti e nonni, accarezzando le bare e sussurrando sul legno laccato dei feretri l’ultimo messaggio.
La cerimonia, cui hanno assistito almeno cinquemila persone, è cominciata alle 11, subito dopo l’arrivo delle autorità: il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, il premier Silvio Berlusconi, i presidenti di Senato e Camera Renato Schifani e Gianfranco Fini, il leader dell’opposizione Dario Franceschini con Piero Fassino. Il segretario del Papa, padre Georg Gaenswein, ha aperto la cerimonia leggendo il messaggio del Pontefice all’Abruzzo terremotato, che ha invitato a «non cedere allo sconforto», a «continuare a sperare». Molti tra i presenti, esausti dopo la quarta notte di scosse passata nelle tendopoli, si sono messi in fila silenziosi per fare la comunione.

Dopo la benedizione delle bare da parte dell’arcivescovo dell’Aquila Giuseppe Molinari e del segretario di Stato Vaticano Tarcisio Bertone, che nella sua omelia ha elogiato «l’Italia solidale e fraterna», un breve rito islamico, in onore delle vittime musulmane. Oltre le cancellate del cortile, nei campi attorno nelle città ferite, il lavoro dei volontari, formiche tra i cumuli delle macerie, e le squadre anti sciacalli, per garantire ai sopravvissuti la dignità di un futuro.

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