Orecchino e sgommate I tre bulli di paese assassini per noia

Niente droga, solo balordi: «Spacconate in moto per farsi notare: lei rideva e loro le facevano la corte». Hanno cercato goffamente di sviare le indagini, poi sono crollati

da Caltanissetta

Jeans a vita bassa con strappi vistosi, capelli «gellati» dritti in testa, orecchino. Perennemente in sella allo scooter. Ogni tanto una sgommata e un'impennata per dimostrare la spavalderia dei quindicenni. Eccolo l'identikit dei tre giovani balordi, tutti minorenni, che dopo avere attirato nel casolare Lorena Cultraro, l'hanno picchiata con calci e pugni e poi buttata nel pozzo. Sono bulletti di Niscemi, cresciuti giocando insieme, in case a distanza di cinquanta metri l’una dall’altra: ogni tanto studiano e saltuariamente lavorano. Per avere in tasca pochi euro. Per sentirsi grandi, anche quando non lo sono. Presi uno ad uno sono ragazzi semplici, qualche volta anche sprovveduti. Nel branco diventano irriconoscibili. Sono i ragazzi che la nonna di Lorena aveva definito le cattive compagnie di sua nipote, in un paese in cui gli svaghi sono pochi e la droga è un problema lontano.
Il più grande dei «tre mostri» di Niscemi, così come li definiscono in paese, si chiama Giuseppe, diciassette anni. Ha occhiali grandi da vista su un viso rotondo. Ufficialmente studia allo scientifico di Niscemi, nello stesso stabile che ospita il commerciale «Leonardo Da Vinci», la scuola che Lorena frequentava al primo anno. Giuseppe vive in famiglia con i suoi genitori, papà lavora nelle serre dove si coltivano le primizie, mamma è casalinga. Per lui la scuola era un optional: ci andava una volta a settimana. Tanto che il comune aveva dato mandato a un assistente sociale di seguire il caso. Ma una passione ce l’aveva: era l’atletica. Nelle gare provinciali di corsa a ostacoli era risultato il migliore e sognava di gareggiare alle regionali. Lunedì pomeriggio Giuseppe è stato il più forte, non è scoppiato in lacrime ma alla fine, quando i carabinieri gli hanno mostrato i messaggini inviati dal suo cellulare a quello di Lorena, non ha retto e ha confessato.
Il secondo di anni ne ha sedici. Si chiama Domenico. Studia all'Ipsoa di Caltagirone e i pomeriggi li trascorre con gli amici a Niscemi. È l'unico che vive una condizione più agiata: il padre è un piccolo produttore di ortaggi in serra. Tre mesi fa aveva avuto una relazione con Lorena. Era durata poche settimane. Poi i due avevano troncato. Non stavano più assieme, ma non per questo avevano smesso di vedersi. Un particolare che conferma un compagno della ragazza assassinata: «Lorena aveva diverse amicizie maschili - racconta Alberto, 14 anni -, ragazzi più grandi di lei che la venivano a trovare spesso a scuola. Si facevano notare perché sgommavano con le moto e facevano altre acrobazie. Lei rideva e loro le facevano la corte». I carabinieri per undici giorni, mentre erano in corso le ricerche di Lorena, hanno interrogato ogni giorno Domenico. In paese tutti sapevano che era stato il fidanzatino della vittima, ma lui tutte le volte è sempre riuscito a cavarsela. «Forse è scappata con un uomo», aveva detto agli investigatori. Sarebbe stata sua l'idea di tirare fuori la storia delle frequentazioni di Lorena con un ragazzo più grande.
Il terzo è il più giovane di tutti. Ha quindici anni. Anche lui frequenta l'Ipsoa di Caltagirone. E anche lui ogni giorno viaggiava per raggiungere la scuola. Per un po' ha lavorato nell'officina di un carrozziere.

«Un lavoro come tanti altri per avere picciuli (soldi, ndr) in tasca. Di imparare un mestiere per ora non mi interessa», diceva ai compagni. E nel frattempo frequentava ragazzi più grandi. Per sentirsi anche lui un po’ più grande dei suoi 15 anni.

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