Lui è leroe senza macchia, lantagonista numero uno, quello che lotta dentro e fuori la Rai, quello che si appiattisce dentro ai fili del telefono per andare in onda sui sistemi della tv giovane, ma alla fine... Digerisce anche lui. E digerisce aragoste anche quando mangia cozze.
Ccà nisciuno è fesso, direbbe Santoro. E lo diciamo anche noi. Perché il suo temutissimo Annozero altro non è che uno show. Con tutto quello che serve per fare uno show. Perché anche a Michele Santoro piace fare ascolti (giovedì ha ottenuto il 21.88% di share con 5.159.000 telespettatori), riempire le piazze, ottenere consenso. E gli piace averli attaccati alla giacca i galloni dellAuditel, ben in vista per i dirigenti di quella tv pubblica che lo verrebbero fuori in quanto scomodo. «Scomodo», altro trofeo da bavero.
Dopo lexploit al Paladozza il giovedì prima delle elezioni, ha premuto sullacceleratore per il suo ritorno in onda da viale Mazzini, laltro ieri. Perché bisognava cavalcare il clamore, acchiappare fan e detrattori unanimemente interessati a vedere cosa si sarebbe inventato stavolta il Michele dellApocalisse. E allora, dentro tutto.
In effetti, laltra sera è stato chiaro fin dal titolo della puntata che si sarebbe trattato di uno show: «Ha vinto lui?», col punto di domanda. Riferito ovviamente al risultato elettorale del presidente del Consiglio. Mah, faccia lui (Santoro), che è prodigo di punti interrogativi, chi le ha vinte le elezioni. Lui che di solito non ha lombra di un dubbio e che di norma abusa semmai di punti esclamativi. È stato facile trovare qualcuno che in studio fosse pronto a spiegare che a farla da padrona, ai seggi, è stato piuttosto lassenteismo. Così come è stato facile calibrare ospiti che si dessero sulla voce con tesi opposte, talvolta perfino inaspettate. UnAnnunziata che chiede il mea culpa della sinistra, che fa la conta degli errori dei compagni, che spiega che Beppe Grillo quando ci ha provato «ne ha ottenuti pochi di voti» dai suoi arrabbiati, «solo quattrocentomila». «Solo?!» ha irrotto dai palchetti il suo collega della Stampa, Andrea Scanzi, che sul comico scuoti-coscienze ha pure scritto un libro. E cerano Marco Travaglio ed Enrico Mentana, e il vice direttore del giornale Nicola Porro, e Norma Rangeri del Manifesto, Gian Antonio Stella del Corriere della sera e il costituzionalista Michele Ainis. Tutti quelli che devono esserci in un salotto tv perché la situazione si surriscaldi.
Oltre al direttore del Tg4, Emilio Fede, in collegamento da Milano. Che è quello che, di regola, non dovrebbe trovare spazio nella tv di Santoro. Ma che invece fa gioco allAuditel, specie se, come laltra sera, Fede abbandona il collegamento togliendosi il microfono da solo perché «stanco di sentire insulti». Fede è lelemento che non ti aspetti e che proprio per questo devesserci. Un po (con le debite proporzioni) come Morgan al Paladozza. Spurio da sembrare catapultato lì con un lancio di Lamberto Sposini dalla prima rete Rai e dalla sua «Vita in diretta».
E poi dentro Cornacchione che a Bologna aveva funzionato e laltra sera ha funzionato ancora di più. Finché diverte, lo si ri-usa. E il video di Grillo? Non vogliamo ri-usare pure quello? Dentro il contributo di Beppe che arringa le folle e spara sugli assenteisti «ma come, andate in piazza col popolo viola e poi vi dimenticate di andare a votare?!». E poi le riprese con quegli altri là, quelli del partito dellamore che trattano male linviato di Annozero perché lamore lo professano solo a parole e invece sono cattivi. (Provate a dire che siete del Giornale in mezzo a una manifestazione delle loro...).
E ancora, quelle che una volta erano docu-fiction e che ora sembrano solo dei fuori copione. E di nuovo i dati, questi invece fuori tempo, sulla presenza dei leader politici nei telegiornali pre 28 e 29 aprile. E un servizio di Ruotolo, e unanalisi di Ainis e una battuta di Mentana e un semi bisticcio Annunziata-Travaglio. Mancavano la DUrso e Meluzzi. Uno show. Incredibile che sia lo show più temuto della tv pubblica e forse della tv in genere.
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