Caro direttore,
sono uno dei tanti affezionati lettori de «il Giornale», uno di quelli che, come lei dice nellarticolo intitolato «Perché dovremo aumentare il nostro prezzo», è sempre «pronto a fianco di un giornale». Continuerò, pertanto, a comprare il suo e il nostro prestigioso quotidiano, nonostante laumento di venti centesimi. Non mi impoverirò per questo. Con la lealtà che mi ha sempre contraddistinto, desidero peraltro farle presente di avvertire la sensazione che linteressante e molto seguita rubrica «La parola ai lettori» ospiti, preferibilmente, lettere spedite via e-mail, tralasciando quelle inviate per fax. Un ingiustificato, quanto mai ingrato comportamento discriminante nei riguardi di quei lettori che si vedono privati dal piacere della pubblicazione dei loro scritti. Per quanto mi riguarda personalmente, non le nascondo poi il disappunto che provo quando, al mattino, sfogliando il giornale, noto che le mie riflessioni (naturalmente su fatti dattualità) non sono state rese di pubblica ragione. In questultimo periodo le ho spedito più di una lettera tramite fax, peraltro senza esito, e continuerò a farlo per lavvenire, non essendo avvezzo a maneggiare i mezzi di teleprocessing di ultima generazione. Mi si può colpevolizzare per questo? Credo proprio di no. Non so, daltronde, se io possa sentirmi autorizzato ad addossare colpe alla redazione, nella supponenza che, per ragioni di comodità (tecniche), accorda la preferenza alle lettere trasmesse via e-mail. Ne discenderebbe a questo punto linutilità dellindicazione, allo scopo, a margine dellultima parte del «Giornale», dei due numeri di fax. Sicuro che la sua intelligenza e professionalità la indurranno a comprendere quanto le ho rappresentato, la ringrazio per lattenzione.
Eugenio Liserre - Roma
Confesso: è vero. Ormai comunichiamo via mail. «Ho una proposta da farti, te la mando via mail?». «Devo dirti una cosa, magari ti scrivo una mail...». «Ho appena fatto delle foto: le vuoi avere via mail?». Sul mio biglietto da visita ho fatto stampare, come da tradizione, solo indirizzo civico e numeri di telefono, senza posta elettronica: ogni tanto capita che mi guardino come un reperto del mesozoico antico. «Puoi aggiungere il tuo indirizzo?», mi chiedono quasi indispettiti. «Ma lindirizzo cè», rispondo io. E loro, come se parlassero a un deficiente: «Lindirizzo di mail, sintende». Sembra che senza mail, ormai, non si possa più comunicare. Laltro giorno al Giornale cè stato un blocco momentaneo della posta elettronica. In redazione si aggiravano anime in pena: «Siamo al confino?». Ma sì, siamo al confino. Confinati nel magico mondo della posta elettronica, schiavi della chiocciolina, incapaci di parlarsi senza passare per il puntoit o puntocom. E così succede che, un po per abitudine un po per comodità, anche in questa pagina si facciano ingiusti favoritismi: le lettere che arrivano via mail finiscono in pagina per una via preferenziale. Ma è sbagliato. E lei, caro Eugenio, fa bene a tirarci le orecchie: staremo più attenti.
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