Due attacchi suicidi, portati a termine con automobili imbottite di esplosivo, hanno colpito ieri mattina Damasco uccidendo 40 persone e ferendone almeno 100, ha riportato la televisione di Stato siriana. Secondo l’emittente, dietro l’azione ci sarebbe Al Qaida. L’opposizione ha però accusato il regime di Bashar El Assad di aver finto un attacco terroristico per depistare gli osservatori della Lega araba, arrivati giovedì, e influenzare i membri della delegazione, in Siria per lavorare a un piano per mettere fine alle violenze.
Gli scontri tra manifestanti e forze dell’ordine vanno avanti da dieci mesi. Secondo le Nazioni Unite, finora sono morte almeno 5.000 persone. Sana, l’agenzia di stampa di Stato, ha riportato giovedì che sarebbero 2.000 i membri delle forze dell’ordine siriane uccisi in questi mesi. È difficile verificare questi numeri, perché dall’inizio della rivolta né ai giornalisti né alle associazioni per i diritti umani è consentito l’accesso in Siria.
Le due esplosioni di ieri hanno colpito due sedi dell’intelligence siriana nella capitale. Secondo la tv nazionale, tra i morti ci sarebbero sia membri delle forze dell’ordine sia civili. Per mesi, il regime ha dato la colpa per le violenze ad agenti stranieri, bande armate, terroristi, al Qaida. In una conferenza stampa, il vice ministro degli Esteri Faisal Mekdad ha suggerito che i fatti di ieri dimostrerebbero la validità di questa teoria. Il ministro, accompagnato dal vice segretario della Lega araba Seif Al Yazal, si è recato sul luogo della strage: «Nel primo giorno dopo l’arrivo degli osservatori arabi questo è il regalo che ci fanno i terroristi e Al Qaida», ha detto.
A pochi minuti dalle esplosioni, la tv di Stato ha mandato in onda immagini strazianti di cadaveri mutilati e di edifici distrutti. La velocità con cui le telecamere sono arrivate sul luogo ha destato i dubbi dell’opposizione. Per Omar Idilbi, del Consiglio nazionale siriano, le esplosioni «sono molto misteriose perché avvenute in una zona molto protetta dove è difficile penetrare con l’automobile». È stato più diretto il capo dell’Esercito libero siriano, armata di disertori che ha il suo quartier generale in Turchia: «C’è il regime dietro gli attacchi», ha detto Riad Asaad. Da Beirut, anche l’ex primo ministro libanese Saad Hariri ha accusato il governo. Hariri ha sempre dato la colpa al regime siriano per l’uccisione di suo padre Rafiq, ex primo ministro libanese, nel 2005.
Secondo Abdelrakim Al Rihawi, responsabile della Lega per i diritti umani in Siria, i civili uccisi nelle esplosioni sarebbero manifestanti arrestati nelle scorse settimane. «Al Qaida in Siria non c’è. Il regime è pronto a sacrificare qualsiasi cosa per dire alla Lega araba che loro stanno combattendo i terroristi», ha detto alla Cnn.
Gli Stati Uniti hanno subito condannato gli attentati e il Dipartimento di Stato ha dichiarato in una nota che «è di importanza cruciale che l’attacco non intralci il lavoro della missione della Lega araba per documentare e scoraggiare le violazioni dei diritti umani». Intanto, secondo l’opposizione, nella regione settentrionale di Jebel al Zawiyah, vicino al confine con la Turchia, continua l’assalto delle forze dell’ordine contro i manifestanti.
Nei giorni scorsi, secondo le organizzazioni per i diritti umani nazionali, almeno 160 persone, per la maggior parte soldati, sarebbero state uccise dall’esercito in quella che per alcuni sarebbe un’offensiva per fermare i disertori dal raggiungere oltreconfine i ranghi dell’Esercito libero siriano.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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