Il 21 agosto scorso la foto di un orso polare che annaspava in mare finisce sulle prime pagine dei quotidiani di mezzo mondo, Italia compresa. L’istantanea «ripresa da un elicottero di ricercatori scientifici», sembrava avere tutte le carte in regola per diventare la nuova immagine-icona dei catastrofisti ambientali in servizio attivo permanente. Roba da scalzare perfino l’immagine dell’uccello ricoperto di petrolio durante la Guerra del golfo (poi si scoprì che il pennuto era stato «annerito» apposta per rafforzare il concetto di devastazione naturalistica. Ma questa è un’altra storia).
Guardate - sembrava urlare l’orso alla deriva - per colpa di voi uomini, rei del riscaldamento globale, il ghiaccio mi si sta sciogliendo sotto i piedi (anzi, sotto le zampe) e per me ormai non c’è più scampo.
«È questione di ore, e l’orso morirà», sentenziava un po’ frettolosamente il Wwf; e con lui sarebbero dovuti perire anche gli altri otto mammiferi dal pelo bianco che si trovavano nelle sue stesse condizioni: tutte vittime designate dall’estinzione del loro habitat naturale, drammaticamente liquefatto dagli eccessi della civiltà industriale. Stranamente, però, trascorrono le settimane e dei nove orsi non si sa più nulla. Neanche lo straccio di un filmato o di un’istantanea che documenti la loro triste fine. Nessuno si occupa più di loro. Spariti da giornali e televisioni. Oggi sappiamo perché. Quegli orsi, probabilmente, sono vivi e vegeti su chissà quale iceberg nel mare di Chutki in Alaska.
A ricostruire dettagliatamente la vicenda è stato il sito Svipop (Sviluppo e Popolazione) attraverso una newsletter dal titolo eloquente: «La mega-bufala degli orsi polari: ecco le prove».
Data di inizio del caso: lo scorso 21 agosto. La sezione Usa del Wwf segnala che 9 orsi sono stati avvistati in Alaska, a nuoto nel Mare di Chutki. «È la notizia che dà il via alla grande truffa mediatica dell’estate - denuncia su Svipop l’ingegner Maurizio Morabito -. Giornali inglesi e italiani ingigantiscono la storia con particolari totalmente inventati e ipotesi romanzate».
Il via alla corsa a chi la spara più grossa parte da un comunicato stampa interessante quanto drammatico. Titolo: «Una serie di orsi polari avvistati mentre nuotano a molte miglia dalla costa dell’Alaska»; sottotitolo: «Esperti locali sul posto dicono che la perdita del ghiaccio marino minaccia la sopravvivenza degli orsi».
La sentenza degli ambientalisti non prevede appello: «Trovare nove orsi in mare nello stesso momento indica che il ghiaccio su cui vivono e su cui cacciano continua a sciogliersi».
Il Wwf promette aggiornamenti appena possibile, e finisce con un professor Richard Steiner del programma di consulenza marina dell’Università dell’Alaska che afferma che gli orsi sono in «serio pericolo perché hanno bisogno di ghiaccio marino, e il ghiaccio marino sta diminuendo». Secondo Steiner, quanto sta accadendo dovrebbe convincere chi «ancora non crede al riscaldamento globale e all’impatto che sta avendo nell’Artico».
A una settimana dalla notizia del Wwf, il quotidiano londinese Daily Mail pubblica un articolo firmato Barry Wigmore: «La struggente immagine degli orsi polari con 600 chilometri da nuotare fino al ghiaccio più vicino». A corredo dell’articolo, l’immagine di un orso polare a occhi semichiusi, rivolto verso la fotocamera in un mare con diverse onde basse, e molte increspature (come se la foto fosse stata ripresa da un elicottero a bassissima quota).
Wigmore si avventura nel pubblicare nuove «informazioni» (riprese pari pari anche dai giornali italiani) riguardo ai nove orsi: l’orso in fotografia sarebbe «in difficoltà nelle onde» (che poi erano le onde causate dalle pale dell’elicottero), e «destinato a quasi sicura morte dopo essersi perso in mare nell’Artico». L’orso stesso sarebbe «parte di un gruppo di nove orsi che sono piombati nell’oceano perché la lastra di ghiaccio dove vivevano si è sciolta». I «ricercatori governativi» calano il carico da novanta: «L’istinto sta portando quegli animali verso il pack a Nord invece che 100 chilometri a Sud dove c’è la terra più vicina». Colto da fremiti di emozione, il Wwf ipotizza addirittura di chiedere al governo Usa di «inviare una nave, come una moderna Arca di Noè, per salvare qualcuno di quegli orsi». Poi, visto che gli orsi non si decidono a morire, lo stesso Wwf invia una serie di comunicati più rassicuranti: la retromarcia però non ha certo lo stesso appeal dello «scoop» iniziale, e così i mass media la ignorano.
L’articolo del Daily Mail (che il giornale ha provveduto due settimane fa a far sparite dal suo archivio web) è ripetuto su Repubblica. Che aggiunge ulteriori dettagli: «Gli orsi erano su un immenso iceberg che si è dapprima staccato dalla terraferma e quindi si è gradualmente, completamente sciolto».
E poi: «Una tragica odissea per tornare a casa, con gli specialisti del governo americano e delle compagnie petrolifere pronti a filmarla, fotografarla e seguirla». Gli unici a non essere d’accordo: i 9 orsi. Che, con qualche bracciata, hanno raggiunto una nuova casa confortevole. Ben ghiacciata e priva di riscaldamento autonomo.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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